Davide Scabin: “Il futuro della cucina? Solo fiamma e ghiaccio”
Nuovo appuntamento con l’Etoiles de la Gastronomie al Belmond Grand Hotel Timeo di Taormina. Sei incontri dedicati all’alta ristorazione, in cui Roberto Toro, Executive Chef del Timeo dal 2012, che apre le porte della sua cucina a importanti personaggi del mondo enogastronomico italiano, in collaborazione con la maison di champagne Steinbrück.
Protagonista del quarto appuntamento è lo chef stellato Davide Scabin. Geniale, visionario, creativo. L’ideatore del celebre Cyber Egg e del concetto di “Up&Down”, negli ultimi vent’anni è stato l’innovatore per eccellenza della gastronomia italiana.
Chef Scabin ci racconta il menù pensato insieme a Roberto Toro?
“E’ un menù in cui ho portato alcuni miei piatti. Abbiamo aperto con un carpaccio di astice con fonduta di gorgonzola e lattuga di mare. Un piatto storico del Combal, che solitamente non si mangia in Sicilia. E’ un piatto di consistenze, vellutato, che dà proprio la sensazione di velluto in bocca: dalla cremosità dell’astice alla suadenza del gorgonzola, che è setoso. Poi c’è della lattuga di mare e delle striscioline di nero di seppia, che danno sapidità a questo piatto, che non viene condito con il sale”.
Ritroviamo anche la fassona e un risotto molto ricercato
“Si, la fassona al camino è un altro mio piatto storico, che ormai vedo molto replicato in giro, il che non può farmi che piacere. Il risotto ai cetrioli e ostrica, è un gioco di freschezza e di amari, che si corteggiano. Un esercizio difficile su come dosare l’amaro”.
In questo caso, in che modo ha utilizzato il suo ingrediente segreto, ovvero l’aria?
“Non è stato facile. Abbiamo lavorato molto sulla calibrazione del profumo e della freschezza del cetriolo. Ho dovuto ribilanciare la parte degli amari e della bruciatura del cetriolo. Sull’ostrica, infatti, vengono serviti dei cetrioli cotti, che vengono parzialmente bruciati”.
C’è un piatto della tradizione siciliana che vorrebbe stravolgere, come solo lei sa fare?
“La norma! Prima o poi lo farò”.
Molti grandi chef sono cresciuti con delle nonne che erano delle brave cuoche. La sua cosa le ha trasferito?
“Da un lato mia nonna ha passato il fatto che sedersi a tavola voleva dire pranzare o cenare con almeno cinque o sei portate, e quella finale era sempre un brodo; dall’altro mia madre mi ha mostrato come velocizzare le preparazioni. Lei che doveva lavorare, doveva ingegnarsi un modo per realizzare i piatti della nonna, ma in meno tempo e in contemporanea. Mia nonna mi ha trasferito anche il rigore, la cura del dettaglio”.
Si rivede nella definizione che molti le danno di scienziato in cucina?
“La parte scientifica è la parte fondamentale per riuscire a ricreare la creatività. La cucina è chimica e fisica con l’applicazione della fantasia. E io sono obbligato a ricercare. Fare lo scienziato non vuol dire semplicemente non fermarsi”.
Durante la terza edizione di Identità Golose, presentò l’insalata come piatto del futuro. Non venne capito, aveva anticipato troppo i tempi, ma aveva ragione. A distanza di dieci anni, come vede oggi la cucina del futuro?
“Il futuro è un falò acceso in mezzo alla cucina e dei blocchi di ghiaccio al posto dei frigoriferi. Il futuro è cucinare in modo apparentemente atavico, solo fiamma e ghiaccio. Proseguire una vision un pò apocalittica, dove ci ritroviamo solo con le forze della natura da utilizzare e dove magari si ritorna a fare i cuochi”.