GIBELLINA (TP) – Si svolgerà dal 26 giugno al 23 luglio la XXXII edizione delle Orestiadi di Gibellina, con la direzione artistica di Claudio Collovà, promosse dalla Fondazione Orestiadi, presieduta dalla professoressa Francesca Corrao. Il cartellone è stato presentato oggi a Palermo.
Quattordici le date in programma, con artisti di fama nazionale e internazionale, la cui presenza a Gibellina conferma come in questi trentadue anni le Orestiadi si siano attestate come un’esperienza unica nel panorama teatrale e culturale italiano ed europeo: un’esperienza, da sempre dedicata alla ricerca, alla sperimentazione e alla contemporaneità.
Numerosi gli ospiti di questa edizione, fra cui, Aymeric Aude, Jari Boldrini, Virgilio Sieni, Mirco Campigotto, Roberto Castello, Gian Maria Cervo, Nicola Cisternino, Laura Curino, Luigi Di Gangi, Ugo Giacomazzi, Ekodance Project Dancers, Santina Franco, Carles Fernandez Giua, Emilio Isgrò, Karin Lambrechtse, Flavia Mastrella, Giulia Mureddu, Antonio Rezza, Sara Sguozzi, Esteve Soler, Fernando Suels Mendoza, Gabriele Vacis, il giovane gruppo umbro di Opera, e altri ancora.
Gli spettacoli andranno in scena tutti alle 21,30, nella tradizionale cornice del Baglio Di Stefano a Gibellina, sede della Fondazione Orestiadi. Il costo del biglietto intero per ogni spettacolo è di 10 euro, mentre il ridotto (over 65, under 24 e titolari Ideanet) è 8 euro. Prevendite a Palermo da Modusvivendi, via Quintino Sella, 79. Per maggiori informazioni chiamare lo 0924.67844 oppure visitare il sito www.orestiadi.it.
L’edizione 2013 prenderà il via, non a caso, il 26 giugno, data di nascita dell’indimenticabile Ludovico Corrao (che delle Orestiadi è stato il padre e il geniale testimone), con un “Omaggio a Ludovico Corrao” in programma alle 19,30, di e con Emilio Isgrò, presentazione di Andrea Cortellessa. Si tratta di un’ode dedicata a Ludovico Corrao e scritta da Isgrò in occasione dei suoi funerali. Qui, dopo quella triste occasione, viene presentata al pubblico per la prima volta.
Mercoledì 26 giugno, giovedì 27 e venerdì 28 giugno, sono in programma tre appuntamenti musicali curati dal Conservatorio “Vincenzo Bellini” di Palermo, su progetto di Francesca Corrao e Marco Betta, dal titolo “Conversazioni con Francesco Pennisi”. Un evento con diversi momenti, che segna il gradito ritorno a Gibellina di questo compositore siciliano, che nel 1991 musicò L’esequie della luna, opera su testo di Roberto Andò dal poeta Lucio Piccolo: al progetto collaborano le Orestiadi di Gibellina e il Conservatorio Bellini. Saranno tre concerti di grande intensità, eseguiti da compositori e interpreti giovani che si sono formati e che studiano in Conservatorio.
Mercoledì 26 giugno, alle 21,30 Concerto Accademia XXI: a cura del Laboratorio orchestrale per la musica Moderna & Contemporanea. Direttore Giuseppe Cataldo.
Giovedì 27 giugno sarà la volta alle 19,30 della tavola rotonda “Conversazioni con Francesco Pennisi”: presentazione di Francesca Corrao, interventi di Marco Betta, Paolo Emilio Carapezza, Daniele Ficola, Gioacchino Lanza Tomasi, Dario Oliveri e Piero Violante.
E sempre giovedì 27, alle 21,30, in programma Gruppi e solisti dell’Ensemble Aula 50 del Conservatorio di Palermo. Direttore Massimo Leonardi.
Venerdì 28 giugno, alle 19,30, presentazione del volume di Valentina Garavaglia dal titolo L’effimero e l’eterno. L’esperienza teatrale di Gibellina, interventi di Roberto Andò e Claudio Collovà.
Sempre venerdì 28 giugno, alle 21,30, concerto dell’Ensemble 28/48 del Conservatorio di Palermo, diretto da Fabio Correnti.
Sabato 29 giugno è la volta dello spettacolo “Camillo Olivetti, alle radici di un sogno” di Laura Curino e Gabriele Vacis. Con Laura Curino. Regia di Gabriele Vacis. Produzione Fondazione Teatro Stabile di Torino e associazione culturale Muse.
Olivetti è la storia di Camillo, il pioniere, l’inventore, l’anticonformista capriccioso e geniale che fonda, agli inizi del Novecento, la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere. Con l’aiuto di biografie, interviste e testi letterari ne viene ricostruita la vita, le figure che gli ruotano attorno, l’ambiente e le imprese. Le voci narranti sono affidate a due personaggi fondamentali della sua storia: la madre, Elvira Sacerdoti e la moglie, Luisa Revel. Queste due donne, provenienti entrambe da una cultura di minoranza (ebrea la prima, valdese la seconda) sono state le protagoniste silenziose della formazione e della realizzazione del sogno olivettiano. È il racconto epico di un’avventura e, in quanto tale, avvincente, piena di colpi di scena, di prove da superare, di lotte, di amori, di eroi.
Giovedì 4 luglio, in scena di seguito due atti unici di Esteve Soler: “Contro l’amore” e “I need literature to survive”, quest’ultimo in prima nazionale: la produzione è del Festival “Quartieri dell’Arte”di Viterbo, diretto da Gian Maria Cervo, che da alcuni anni ha avviato una ricerca sulla drammaturgia di Soler, uno dei drammaturghi catalani più rappresentati all’estero, qui in due lavori diretti da Carles Fernandez Giua, prodotti in collaborazione con la Compagnia “La Conquesta del Pol Sud” (Spagna). In scena gli allievi di Giancarlo Giannini al corso di recitazione del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Con Cristiano Caccamo, Roberto Caccioppoli, Valeria Anna Rosa Colombo, Mauro Lamanna, Renata Malinconico, Giorgia Masseroni, Giulio Rubinelli.
Con sguardo dissacrante, e allo stesso tempo indignato e divertito, Soler mira a demolire alcuni luoghi comuni che impregnano la visione del mondo contemporaneo. La scrittura di Soler ci porta alla riflessione profonda su alcuni dei concetti-parole essenziali che permeano le nostre vite. Soler ne storpia il senso, vi porge una maschera di deformità per condurci a rivolgere a noi stessi domande spregiudicate su cosa riteniamo sia veramente, per ognuno di noi e per la collettività: il progresso, l’amore, la democrazia, grandi concetti su cui ironizza Soler, oramai usati per scopi così diversi quanto questionabili e contraddittori.
Sabato 6 luglio, è in programma “Opera”: cura della visione e regia di Vincenzo Schino, con Marta Bichisao, Riccardo Capozza, Gaetano Liberti e Vincenzo Schino. Opera è un lavoro che si pone il problema della rappresentazione e del senso di stare su un palcoscenico. Opera è un errore, una baracca di burattini montata male che da un momento all’altro potrebbe crollare. E ne è consapevole. Come fantasmi, appaiono personaggi recuperati dalla tradizione e dal luogo comune del teatro e dell’arte, figure universali e inequivocabili. Uno per tutti, il clown, che come arlecchino, fa da traghettatore in luoghi dichiaratamente artificiali: la pista del circo, il boccascena di un teatro, il diaframma di uno sguardo. Attraverso queste porte, toglie gradualmente i punti d’appoggio della logica. La struttura drammaturgica del lavoro si nutre del concetto del “numero”, della performance che non racconta mai nulla, ma è fine a se stessa. Inizia e finisce. Poi l’applauso e la paga. Si è cercato di sfruttare proprio il mancato funzionamento dei numeri, abbandonandosi alla violenza dello sguardo. Un macello in un circo e viceversa. I problemi che hanno nutrito la ricerca non appartengono solo al teatro, ma alla pittura, alla scultura e tutte le arti che intendono, sapendo di fallire, modificare o reinventare il mondo.
Sempre Vincenzo Schino, domenica 7 luglio porta a Gibellina “Sonno”, con Emiliano Austeri, Marta Bichisao, Riccardo Capozza, Gaetano Liberti e Fabio Venturelli. Dramaturgia di Letizia Buoso, cura del movimento di Marta Bichisao.
Sonno nasce dalla frequentazione di due mondi, quello visivo del pittore del ’700 Francisco Goya e quello visionario del Macbeth di Shakespeare. Il teatro diventa un dispositivo per la visione, luogo di apertura della percezione. Nella ricerca sull’origine della sua funzione, è indagato ogni singolo elemento e ogni movimento della materia, del pensiero e della sensazione. La necessità della rappresentazione sin dalle origini dell’uomo nasce nell’assenza di qualcosa o qualcuno: per questo motivo è necessario inciderne un’immagine e conservarla. Attraverso il teatro, la domanda sulla rappresentazione è aperta al nostro vivere e immaginarci nel presente e il ritratto diventa un mezzo di conoscenza dell’essere umano. È una ricerca di intimità, di accordo e respiro comune. In questo respiro è incluso lo spettatore.
Mercoledì 10 luglio, il concerto per voce e danza “Carne Trita”: progetto, regia e coreografia sono di Roberto Castello; danza e voce di Alessandra Moretti, Fabio Pagano, Giselda Ranieri, Elisa Capecchi e Irene Russolillo.
Carne trita è un concerto, una composizione di movimenti, visi, gesti e voci, che utilizza la figura umana per uno stralunato, e tutto sommato divertito, inno all’insensatezza del destino; un omaggio alla bellezza, alla pazienza, alla mitezza, alla fatica, alla tenacia e all’indignazione delle moltitudini di chi non ha motivi per credere nella possibilità di un futuro desiderabile.
Venerdì 12 luglio vanno in scena “Sonate Bach di fronte al dolore degli altri”, coreografia e regia di Virgilio Sieni. Tre Sonate per violoncello e pianoforte (BWV 1027, 1028, 1029) di J.S. Bach, con Giulia Mureddu, Sara Sguozzi, Nicola Cisternino, Jari Boldrini; immagini video, tratte da “I cani e i bambini di Sarajevo” (1994) di Adriano Sofri; in collaborazione con Festival Chiassodanza, Red Festival Reggio Emilia Danza e Cango, Cantieri Goldonetta Firenze.
Sono undici coreografie che deflagrano nel gesto del dolore e della pittura e ci rammentano altrettanti avvenimenti tragici, accaduti nei conflitti recenti: Sarajevo, Kigali in Rwanda, Srebrenica, Tel Aviv, Jenin, Baghdad, Istanbul, Beslan, Gaza, Bentalha, Kabul. Undici date emblematiche raccolte intorno agli 11 brani che compongono le 3 Sonate di Bach. Fotografie di corpi che si diluiscono attraversando la dinamica e la figura, cercando un approccio irrisolvibile all’orrore. La danza qui afferma lo sforzo di evocare da queste macerie di esistenza una bellezza impossibile e paradossale, da cesellare con lo strumento etico e politico per eccellenza: il gesto.
L’attenzione torna quindi alla questione del corpo, al suo significato, alla sua complessità e attualità.
Sempre Virgilio Sieni sarà protagonista sabato 13 luglio, con “Di fronte agli occhi degli altri”. Al violoncello Naomi Berrill; produzione della Compagnia Virgilio Sieni e del Thèatre du Merlan scène nationale à Marseille. Una produzione realizzata per la prima volta in occasione del XXXII anniversario della strage di Ustica.
Lo spettacolo nasce su invito del Museo della Memoria di Bologna, come testimonianza e denuncia della tragedia di Ustica del 27 giugno 1980, dove morirono 81 passeggeri durante uno scontro militare aereo, come accertato dalla magistratura. È, dunque, partendo dall’esperienza commossa di Bologna che nasce l’intenzione di continuare questo percorso attraverso altre opportunità d’incontro. Verrà richiesta la partecipazione di alcune persone, incontrate pochi minuti prima di andare in scena, esistenze, che di volta in volta doneranno l’identità al percorso coreografico, chiamate a condividere e improvvisare attimi di trasmissione. Lo spettacolo vuole essere ricordo e testimonianza. La struttura del lavoro è articolata in un passaggio da mano a mano che avviene tra Virgilio Sieni e gli ospiti. Tutto si riferisce da una parte al loro vissuto, agli avvenimenti che hanno tracciato, nel dolore e nella forza del resistere, la loro esistenza, e dall’altra nella capacità di vicinanza gestuale e di trasmissione “soffiata” nelle tracce del corpo. Il titolo si ispira al libro di Susan Sontag “Davanti al dolore degli altri”, riflessione sul senso della bellezza nella fotografia come documento degli eventi tragici.
Mercoledì 17 luglio, i Teatri alchemici presentano “Al prolèter”, per la regia di Luigi Di Gangi e Ugo Giacomazzi. Con Mariangela Collesano, Alberto Bibis Esposito, Francesco Iubizzi, Salvatore Leone, Alberto Lucia, Giorgia Mirelli, Simona Mirelli, Paolo Pecoraro, Agostino Rocca, Vincenzo Sicola, Chiara Siragusa, Giusy Spagnolo, Filippo Talluto, Musiche dal vivo di Roberto Calabrese, Pino Sardoe Francesco Iubizzi; musiche originali e paesaggio sonoro di Giuseppe Rizzo.
Dopo 45 anni di chiusura forzata, gli ex avventori del Proletèr decidono di ri-occupare con la forza il loro ristorante, un tempo fucina di folli artisti incompresi e rivoluzionari, e si organizzano per riaprirlo in barba a tutte le leggi. All’interno, sommerso dalla polvere accumulata negli anni, trovano l’unico avventore rimasto chiuso dentro da allora a fare quasi da custode alla mitica ricetta della melassa rivoluzionaria, il cui assaggio era ritenuto dalle forze dell’ordine pericoloso potenziale di auotoaffermazione artistica. A mettere i bastoni tra le ruote ci pensano anche gli ispettori di igiene che irrompono inaspettatamente nel locale. Tornerà nel pentolone del Proletèr a ribollire la famosa melassa dai fumi inebrianti? Ci prova una nuova generazione di cantanti malinconici, artisti autodefinitisi tali e musicisti strampalati che qui si danno appuntamento per rinnovare il loro amore per l’arte e per la vita.
Venerdì 19 e sabato 20 luglio alle Orestiadi il gradito ritorno del duo Flavia Mastrella e Antonio Rezza, con “Fratto_X”, il nuovo lavoro della coppia artistica, “mai scritto da Antonio Rezza”, che ne è il protagonista, in scena insieme a Ivan Bellavista. Habitat di Flavia Mastrella.
Il telecomandato gira in cerchio: la spensieratezza non ha luogo. Entra la ferraglia con la pelle appesa. E con la voce forte. Si gira e se ne va. Urla da lontano parole piene d’eco. Torna e se ne va. L’eco ammutolisce. Un taxi perduto è un lamento mancato, disperazione in cerchio con autocritica fasulla, vittimismo di regime, modestia tiranna e tirannia del consueto. Tutto ciò che si assomiglia va al potere. E Rocco e Rita a fare uno il verso non dell’altro ma dell’uno. A imitar se stessi c’è sempre da imparare. Ma chi imita se stesso è la cancrena dell’orecchio di chi ascolta. E marcisce l’ambizione. L’ansia non è uno stato d’animo ma un errore posturale. Forma e demenza non viaggiano mai sole. Tra le dune di un deserto, uccelli migratori volano felici sulla testa di due uomini sereni, lievemente turbati dall’arroganza del potente di turno, essere antropomorfo con le braccia malformate dal compromesso elettorale. La cultura è fatta a pezzi da chi ama sceneggiare. E poi la voce di uno fa parlare l’altro che muove la bocca per sentito dire. E si lamenta del suo poco parlare con la voce che lo fa parlare. Litiga con la voce che lo tiene al mondo. Applausi a chi ha ben poco da inchinare. Rarefatta dalla santità, Rita da Cascia oltraggia la provenienza, si ama non per sentimento ma per residenza: siamo sotto un fratto che uccide, si muore per eccessiva semplificazione. Il lottatore di sumo desume che dedurre è un eccesso. Sindoni a confronto con cartoni animati redentori. Guerrieri di ritorno da niente e specchi carnefici a mettere parole in bocca allo specchiato.
Martedì 23 luglio gran finale dell’edizione 2013 delle Orestiadi con Abraço. Progetto di Santina Franco, coreografie di Fernando Suels Mendoza, Enrico Morelli, Michele Merola, Ohad Naharin, Mats Ek, curate da Pompea Santoro; con Fernando Suels Mendoza, Aymeric Aude, Karin Lambrechtse, Mirco Campigotto, Ekodance Project Dancers e dieci allievi danzatori, provenienti dalla danza di residenza in Sicilia. Regia di Salvo Tessitore. Produzione: associazione Palermo in Danza, in collaborazione con Introdans (Olanda), MMCompany (Italia, Reggio Emilia), Ekodance International Project (Italia, Torino) Fernando Suels Mendoza (Germania, Wuppertal).
Quattro coreografi costruiscono il loro spartito abbracciando idealmente il mito dell’unione e della separazione nello spazio tra intelletto e corpo. Abraço intende rappresentare, oltre all’unione di più coreografi, che con differenti linguaggi affrontano un tema unico, soprattutto quella fra più danzatori, dalle più svariate provenienze formative, espressione di più stili di danza. Abraço, l’abbraccio con cui vorresti arrivare fino all’altro, forse soffocandolo d’amore e che non osi, pur nella bramosia, chiedere per te. Il desiderio allora si fa energia, che può perfino muovere corpi, che può essere un “attrattore strano” per sostenere la vita o per seminare distruzione. L’abbraccio che include può trasformare questa minaccia in eros, per lo scambio, per il toccarsi e conoscersi, senza la violenza del possedersi.
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