Salvatore Cuffaro ricorre alla Corte Europea dei diritti dell’uomo. Il ricorso è firmato da un avvocato romano, secondo cui, il processo che ha portato alla condanna dell’ex governatore siciliano conterrebbe una serie di violazioni.
Il legale contesta soprattutto una delle prove principali presentate in dibattimento dai magistrati della procura di Palermo. E’ il 15 giugno 2001 la moglie del boss Giuseppe Guttadauro dice sottovoce ‘avia ragione Totò’, subito dopo avere trovato, sostiene l’accusa, una microspia nell’abitazione del capomafia di Brancaccio. La soffiata è arrivata a Guttadauro da Cuffaro, tramite Mimmo Miceli, ex assessore al Comune di Palermo.
Un pool di esperti interpellato dall’avvocato sostiene che quella frase non sarebbe mai stata pronunciata. Una tesi che potrebbe smontare, secondo il penalista, il processo su cui è già stata scritta la parola fine.
Cuffaro sta scontando nel carcere romano di Rebibbia una condanna definitiva a sette anni per favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e violazione del segreto istruttorio. Le accuse contro di lui hanno già superato il vaglio dei tre gradi di giudizio.
(Teleoccidente)
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