Non è davvero poca l’autoironica ilarità con la quale debbo registrare il clamore mediatico suscitato dal mio lapsus sulla celeberrima frase del mai abbastanza ricordato Martin Luther King. Su tale lapsus mi è capitato di inciampare, complici un inglese malfermo, che neanche a
scuola è mai stato il mio forte, un aplomb poco british che certamente mi contraddistingue e un accento agrigentino del quale francamente sono sempre andato fiero e che mai ho cercato di nascondere ricorrendo a corsi di dizione.
Evidentemente ce n’è abbastanza per fare storcere il naso ai tanti frequentatori del web che, forse, immaginano l’impegno politico come l’esercizio di un circolo riservato alla frequentazione di elite illuminate, abituate a riconoscersi e a legittimarsi vicendevolmente pur
combattendosi da fronti contrapposti.
Quali siano i requisiti per fare parte di questa ristretta schiera lascio a ciascuno immaginare: probabilmente sfoderare un eccellente inglese e magari parlare qualche altra lingua.
Il fatto è che in questa sardonica corrente mediatica, dalla quale mi tocca essere trascinato, manca qualcosa che, a mio avviso, ha molto a che fare, invece, con la politica. Anzi, secondo una consapevolezza che ho visto rafforzarsi in questi anni, per il gravoso carico della mia vicenda personale, credo si tratti di ciò che costituisce il vero e proprio fondamento dell’azione politica.
Sintetizzerei questo qualcosa di mancante nell’enfasi dei tanti commenti di questi giorni con due parole intimamente connesse tra loro: popolo e ideale.
Se qualcosa salvo del mio impegno politico passato, seppure a prezzo di non pochi errori, e rivendico umilmente, ma convintamente, nel presente, attraverso l’attuale esperienza alla guida della Democrazia Cristiana nuova, è proprio quella di considerare il popolo come l’unico e reale protagonista dell’orizzonte politico.
Uno solo è il protagonista della propria storia: il Popolo che oggi vogliamo ricordare come artefice della nostra Repubblica e della nostra Democrazia che vogliamo equilibrata nella espressione dei suoi poteri.
Democrazia come diceva De Gasperi “riformatrice ma non sopraffattrice e soprattutto rispettosa delle libertà della persona”.
Il popolo, peraltro, a pena di derive populistiche che certamente non mi appartengono, non può essere mai ridotto a categoria astratta ma piuttosto incontrato nella concretezza e nella diversità dei suoi accenti, delle sue aspirazioni, delle sue ferite, cosí come nella creatività dei suoi corpi intermedi.
E un popolo è tenuto insieme da ideali che muovono, appassionano e motivano la ricchezza e la complessità dei suoi tentativi e della sua strada.
Quindi più che per la capacità di non fare lapsus, seppur ghiotto mediaticamente, credo sia ben più utile, anzi necessario, essere giudicati, sia fuori che dentro le urne, per la continua capacità di ascolto di questo soggetto popolare: condizione indispensabile per concorrere, anche attraverso l’impegno pubblico dei tanti giovani e delle tante donne della DC nuova nelle Istituzioni, per promuovere efficacemente quei processi di cambiamento di cui la nostra terra ha davvero bisogno.
Questo vogliamo fare con tutto l’impegno, lo sforzo e l’attenzione per tenere alta la tensione morale e ben saldi i principi di legalità insieme ad una buona politica”. Lo dichiara il segretario nazionale della DC, Totò Cuffaro.
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