Crocetta, il triumvirato e lo spettacolo tragicomico del default

Rosario Crocetta comincia a capire che il terreno frana sotto i suoi piedi e che il cappio del governo nazionale (che si è messo al collo da solo) si stringe sempre di più.
I famosi “tavoli di concertazione” che dovevano individuare i settori in cui intervenire e le modalità di sostegno da parte di Renzi & C., per sua stessa ammissione, non hanno prodotto alcun risultato e sui 700 milioni che Roma avrebbe dovuto scucire per consentire la chiusura del bilancio regionale, c’è uno strano silenzio che non induce all’ottimismo.
Ma la goccia che ha fatto traboccare il vaso sono le dichiarazioni del ministro Franceschini sui beni culturali siciliani.
Quello stesso Franceschini che ben sintetizza lo strabismo del PD: chiese a gran voce le dimissioni dell’allora ministro Bondi per i crolli a Pompei seguiti ad una ondata di maltempo, ed oggi che succede esattamente lo stesso, impartisce lezioni agli altri.
Intendiamoci: nella gestione dei Beni culturali, così come in tanti altri settori, Crocetta è stato fallimentare.
Valga per tutte la decisione di escludere i privati che poteva essere anche sensata, qualora fosse stata supportata da una soluzione alternativa e, soprattutto, da procedure corrette e che, invece, ha procurato l’ennesima bocciatura dei giudici amministrativi.
Diciamo solo che non può essere Franceschni a fare il “maestrino” perché non ne ha alcun titolo.
Così il buon Crocetta ha perso le staffe:”Il Governo Renzi vuole dare una mano ai Beni culturali della Sicilia? Ah, sì?- si interroga retoricamente il Presidente della Regione-“La realtà è che questo Governo vuole prendersi tutto. Sono pronti a prendersi tutto. A noi devono scaricare solo le perdite, i costi. Quelli rimangono di competenza della Regione. Mentre se c’è qualcosa che può fruttare, deve andare allo Stato”.
E rincara la dose: “Perché, Pompei per caso è un bell’esempio di gestione dei Beni culturali? Non mi pare. E non mi pare che abbiamo avuto dei casi Pompei in Sicilia”.
E aggiunge: “E’ singolare questa critica del ministro Fraceschini ai Beni culturali siciliani, l’assessore Purpura è proprio dell’area Franceschini. Siamo al gioco dei paradossi”.
Dunque Crocetta prova a reagire al disegno del triumvirato Delrio, Faraone, Baccei (con la benedizione di Renzi) che lo ha progressivamente spogliato dei poteri, trasformandolo in un pupo con i fili, ma i buoi sono già scappati. La sua firma apposta in solitudine e per motivi mai chiariti, sulla rinuncia al contenzioso dei quattro miliardi che lo Stato doveva alla Sicilia, gli ha tolto l’unica arma per reggere l’assalto finale.
Adesso il copione è scontato: si tratta solo di capire quando i manovratori staccheranno la spina. La Sicilia sull’orlo del default può solo assistere a questo spettacolo tragicomico.