Premesso che per il consigliere comunale del Megafono arrestato, come per tutti i cittadini italiani, vale il principio costituzionale della presunzione di innocenza, la vicenda dell’operazione “Apocalisse” offre lo spunto per qualche riflessione che non si presti a strumentalizzazioni, in un senso e nell’altro.
Rosario Crocetta ha fatto dell’antimafia il suo manifesto politico (anzi i suoi detrattori sostengono che c’è solo questo nel suo programma di governo): appare sente l’odore di qualcuno o qualcosa riconducibile all’organizzazione criminale, fosse soltanto un cognome, non esita a eliminare alla radice il problema, accusando di collusione tutti coloro che non adottano lo stesso comportamento, dentro e fuori da quello che dice essere il suo partito, il PD.
In realtà Crocetta una sua formazione politica ce l’ha ed è il Megafono che appoggia direttamente durante tutte le consultazioni elettorali: poi per continuare a tenere il piede in due staffe, sostiene che il Megafono non è un partito ma un movimento della società civile.
Giuseppe Faraone, fosse solo per la sua età, ha una lunga militanza politica, con vari cambi di casacche che ormai sono una caratteristica di quella che a qualcuno piace chiamare “Seconda Repubblica” ma, a nostro avviso, è soltanto una lunga eclissi della politica, iniziata con la tangentopoli del 1992. Prima socialista, poi Udc, poi Udeur (la formazione di Mastella per chi è meno addentro alla politica) poi la folgorazione lombardiano – autonomista del MpA, quindi l’approdo alla rivoluzione crocettiana.
Non vogliamo dare alcuna connotazione deteriore al percorso politico di Faraone che è lo stesso di tanti altri big e meno big ancora in auge, desideriamo solo osservare che nel passato del consigliere arrestato ci sono tanti elementi che avrebbero dovuto mettere in guardia Crocetta, rispetto alla discontinuità che pretende di interpretare.
Insomma se è vero che la politica deve muoversi prima della magistratura il caso Faraone poteva essere esemplare, non certo per l’accusa che gli è piombata sulle spalle e ancora tutta da dimostrare, ma per la tendenza ad attraversare camaleonticamente tutte le fasi politiche restando sempre a galla.
Adesso Crocetta farà fuoco e fiamme ma c’è una sola verità: i voti, come la pecunia, non puzzano, almeno fino a quando non interviene la magistratura.
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