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di redazione
La Sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana, presieduta da Rita Arrigoni, ha approvato i risultati dell’indagine sulle politiche attive del lavoro e sul precariato in Sicilia che, in particolare, ha riguardato l’Agenzia regionale per l’impiego e la gestione del Fondo unico per il precariato. L’indagine, curata dal magistrato Giuseppa Cernigliaro, ha esaminato il fenomeno del precariato in Sicilia segnalando le conseguenze finanziarie prodotte dall’assorbimento di personale precario con un consistente aumento della spesa corrente anche originata dalla stabilizzazione di un elevato numero di lavoratori.
L’analisi si e’ soffermata sui dati relativi alla composizione del bacino del precariato, sulle risorse finanziarie assorbite, sulla distribuzione geografica e per comparto dei lavoratori precari. I risultati dell’indagine sono stati posti a raffronto con i corrispondenti dati nazionali, evidenziando la “gravita’ del fenomeno in Sicilia”. La relazione della Corte ha consentito di evidenziare come gli obiettivi assegnati all’Agenzia regionale per l’impiego nel corso degli ultimi anni siano stati spesso “eccessivamente generici” rendendo “poco incisive le azioni a sostegno del mercato del lavoro in un contesto regionale di elevata disoccupazione”. “Forte” e’ la preoccupazione della Corte per la “rilevante mole” di personale precario presso i Comuni siciliani di piccole dimensioni, i cui bilanci denotano spesso criticita’ di ordine finanziario dovute anche all’elevata spesa di personale. Cosi’, i magistrati contabili parlando di “appesantimento, a regime, delle strutture burocratiche locali e cio’ in antitesi rispetto ai principi di razionalizzazione e di alleggerimento della pubblica amministrazione”. Peraltro, “l’esigenza di assicurare un impiego ai lavoratori da stabilizzare impedira’ per lungo tempo nuove immissioni di giovani qualificati ponendo in essere un inevitabile conflitto generazionale”. Quindi, la raccomandazione finale della Corte dei conti: “Va assolutamente evitata la creazione di ulteriore precariato che fatalmente porrebbe il problema della proroga e successivamente della stabilizzazione”.
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