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di redazione
Palermo, 19 mar. – La Sezione di controllo della Corte
dei conti per la Regione siciliana, presieduta da Rita
Arrigoni, ha approvato i risultati dell’indagine sulle
politiche attive del lavoro e sul precariato in Sicilia che, in
particolare, ha riguardato l’Agenzia regionale per l’impiego e
la gestione del Fondo unico per il precariato. L’indagine,
curata dal magistrato Giuseppa Cernigliaro, ha esaminato il
fenomeno del precariato in Sicilia segnalando le conseguenze
finanziarie prodotte dall’assorbimento di personale precario
con un consistente aumento della spesa corrente anche originata
dalla stabilizzazione di un elevato numero di lavoratori.
L’analisi si e’ soffermata sui dati relativi alla composizione
del bacino del precariato, sulle risorse finanziarie assorbite,
sulla distribuzione geografica e per comparto dei lavoratori
precari. I risultati dell’indagine sono stati posti a raffronto
con i corrispondenti dati nazionali, evidenziando la “gravita’
del fenomeno in Sicilia”. La relazione della Corte ha
consentito di evidenziare come gli obiettivi assegnati
all’Agenzia regionale per l’impiego nel corso degli ultimi anni
siano stati spesso “eccessivamente generici” rendendo “poco
incisive le azioni a sostegno del mercato del lavoro in un
contesto regionale di elevata disoccupazione”. “Forte” e’ la
preoccupazione della Corte per la “rilevante mole” di personale
precario presso i Comuni siciliani di piccole dimensioni, i cui
bilanci denotano spesso criticita’ di ordine finanziario dovute
anche all’elevata spesa di personale. Cosi’, i magistrati
contabili parlando di “appesantimento, a regime, delle
strutture burocratiche locali e cio’ in antitesi rispetto ai
principi di razionalizzazione e di alleggerimento della
pubblica amministrazione”. Peraltro, “l’esigenza di assicurare
un impiego ai lavoratori da stabilizzare impedira’ per lungo
tempo nuove immissioni di giovani qualificati ponendo in essere
un inevitabile conflitto generazionale”. Quindi, la
raccomandazione finale della Corte dei conti: “Va assolutamente
evitata la creazione di ulteriore precariato che fatalmente
porrebbe il problema della proroga e successivamente della
stabilizzazione”.
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