Tornano a splendere i tesori della Cattedrale di Palermo. Sono state consegnate questa mattina, infatti, alcune preziose opere appena restaurate che si trovano nella zona presbiteriale dell’edificio, un’area dove coesistono elementi decorativi di diverse epoche, a testimonianza della complessa evoluzione costruttiva della chiesa. I lavori sono iniziati lo scorso aprile e sono stati finanziati con risorse del Po Fesr 2014-2020 (327.184,87 euro). Presenti oggi l’assessore regionale ai Beni Culturali Francesco Scarpinato, la soprintendente dei Beni culturali e ambientali di Palermo Selima Giuliano e l’arcivescovo del capoluogo Corrado Lorefice.
«Perfettamente in linea con la tabella di marcia, in tempi quasi record – dice l’assessore – restituiamo agli occhi del pubblico preziose opere d’arte che rendono la Cattedrale di Palermo uno scrigno ricchissimo di tesori. Il recupero e la valorizzazione del patrimonio artistico e culturale è un obiettivo prioritario per il mio assessorato e per il governo di cui faccio parte. Sono convinto, infatti, che oltre a testimoniare la nostra storia, possa rappresentare una risorsa unica al mondo per lo sviluppo della nostra regione».
Gli interventi hanno riguardato, tra l’altro, il recupero della pavimentazione cosmatesca, realizzata con tessere marmoree che disegnano motivi geometrici, posta davanti all’abside maggiore. Sono stati eseguiti anche lavori di pulizia e consolidamento, nonché la sostituzione di tarsie mancanti con altre in resina. Restaurato anche il trono reale marmoreo con tarsie musive, risalente al XIII secolo, posto vicino all’abside principale; e, ancora, gli affreschi del catino absidale e della volta del coro che raffigurano rispettivamente Roberto il Guiscardo e il Conte Ruggero che restituiscono la chiesa al vescovo Nicodemo e l’Assunzione di Maria Vergine, opere di Mariano Rossi che ricevette l’incarico, nel 1802, dal Re Ferdinando IV di Borbone.
Interventi di pulitura e consolidamento sono stati eseguiti, inoltre, sull’altare del Crocifisso che è il risultato di una ricomposizione dei nove pannelli in marmo di Carrara, scolpiti nel 1565 da Fazio e Vincenzo Gagini. Restaurati anche gli armadi lignei dipinti e dorati della sacrestia grande, costituiti da scansie intagliate in legno di pioppo e abete: sono stati rimossi spessi strati di ridipinture che avevano occultato e, in parte alterato, le finiture decorate originali.
Lavori anche nella zona del “diaconicon” (un’area del presbiterio), finalizzati a stabilizzare i fenomeni di alterazione del paramento murario del XII secolo in pietra a vista e a definire, con maggiore equilibrio cromatico, le varie stratificazioni decorative ed architettoniche che si sono succedute durante i secoli. È stato possibile recuperare anche la decorazione settecentesca di una porzione di vano che si apre sulla parete e che si conclude con una piccola “muqarnas” (decorazioni tipiche dell’architettura islamica), forse realizzata fra il IX e XI secolo, quando, durante la dominazione araba, l’edificio sacro venne trasformato in moschea.
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