Le scelte che riguardano la vita personale di un candidato (orientamento sessuale, convinzioni personali anche di tipo sociale/familiare, etc.) NON debbono essere oggetto di valutazione da parte del recruiter, e quindi NON possono essere indagate, per il semplice fatto che il come si fa l’amore, il con chi si fa l’amore e le eventuali finalità non hanno impatti sulla prestazione lavorativa, né dimostrano il possesso o meno di determinate skills professionali.
Esistono delle leggi molto chiare, da questo punto di vista. Deve essere impegno di tutti – aziende, selezionatori e candidati – averne conoscenza e pretendere la loro applicazione.
Il principio di parità di trattamento, previsto nel nostro ordinamento, stabilisce la necessità di dover escludere qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell’età, della nazionalità o dell’orientamento sessuale della persona. In proposito, sono considerate discriminazioni anche le molestie o quei comportamenti indesiderati aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità della stessa e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.
Detto principio si applica sia:- all’accesso all’occupazione e al lavoro, sia autonomo che dipendente, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione;- all’occupazione ed alle condizioni di lavoro, compresi gli avanzamenti di carriera, la retribuzione e le condizioni del licenziamento, la salute e la sicurezza, il reintegro professionale o il ricollocamento;- all’accesso a tutti i tipi e livelli di orientamento e formazione professionale, perfezionamento e riqualificazione professionale, inclusi i tirocini professionali; – all’affiliazione ed alle attività nell’ambito di organizzazioni di lavoratori, di datori di lavoro o di altre organizzazioni professionali e prestazioni erogate dalle medesime organizzazioni;- all’ accesso all’alloggio, ai vantaggi sociali e fiscali, all’assistenza degli uffici di collocamento;- all’iscrizione alle organizzazioni sindacali ed all’eleggibilità negli organi di rappresentanza dei lavoratori.
La tutela del lavoratore contro le discriminazioni vale anche per le agenzie per il lavoro. Difatti, è fatto “divieto alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati di effettuare qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione di lavoratori, anche con il loro consenso, in base alle convinzioni personali, alla affiliazione sindacale o politica, al credo religioso, al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, alla età, all’handicap, alla razza, all’origine etnica, al colore, alla ascendenza, all’origine nazionale, al gruppo linguistico, allo stato di salute nonché ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro, a meno che non si tratti di caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento della attività lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa. E’ altresì fatto divieto di trattare dati personali dei lavoratori che non siano strettamente attinenti alle loro attitudini professionali e al loro inserimento lavorativo”.
Rif. normativi: Statuto dei Lavoratori, D.Lgs. 216/2003, D.Lgs. 276/2003
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