Claudio Fava: “Non sinistra radicale, ma battaglie radicali”

Pietro Figuera

 

Il candidato presidente della lista “Cento Passi per la Sicilia” ha aperto domenica il suo comitato elettorale di Catania e nell’occasione ci ha rilasciato un’intervista. Dalla denuncia del disagio siciliano e dell’immobilità dei suoi ceti politici, all’attenzione verso i giovani e la legalità, fino alle differenze con il Movimento 5 stelle, Fava usa parole forti. Tra le priorità del suo programma, il diritto allo studio e la lotta alla povertà.

Onorevole Fava, lei è entrato in questa campagna elettorale da outsider, come sempre quando si tratta di raggruppamenti della sinistra radicale.

“Io non lo considero un raggruppamento della sinistra radicale, dobbiamo anche capirci sul significato delle parole. È un raggruppamento della sinistra, radicali sono le battaglie che si fanno. Forse quella per il diritto allo studio è una battaglia radicale, quella per una politica trasparente che non debba chiedere permesso ai consorzi dei mafiosi è una battaglia radicale, forse considerare la Sicilia terra di ricchezze straordinarie non utilizzate perché la spesa pubblica è stata piegata alle necessità delle clientele è una battaglia radicale. Ma non è una sinistra radicale. Radicalità di temi, di argomenti. Poi per il resto si parte da forze politiche di sinistra ma si parla a tutti i cittadini”.

Diciamo allora che la Sicilia richiede di essere un po’ radicali. Lei crede che questa volta ci siano le basi per un risultato elettorale differente rispetto alle altre? Se sì perché?

“Lo credo perché lo sento, perché sento che c’è un grande disagio nei confronti di chi ha governato la Sicilia fino ad adesso, e nei confronti di chi si candida avendo accanto i governanti di questi anni, i loro assessori, i loro uomini di punta. Difficile immaginare che Micari che si accompagna a Crocetta, Musumeci che si accompagna a quasi tutti gli assessori di Cuffaro e di Lombardo possano rappresentare un punto di svolta. Sento un clima di passione. Noi chiediamo un voto libero e questa sfida sulla libertà e la responsabilità del voto è una sfida che i siciliani aspettano di sentirsi rivolgere. Sento un clima importante perché noi proviamo a parlare anche di cose che vogliamo fare, non ci rivolgiamo soltanto alla pancia della gente, non provochiamo l’urlo di rabbia. Sarebbe facile come fa Cancelleri parlare soltanto dei politici da mettere in mutande e poi dimenticarsi di una regione che è in mutande. E in questo io credo che ci sia un desiderio di riscatto e di responsabilità che fa dei siciliani non solo numeri nel pallottoliere delle elezioni ma anche donne e uomini pronti a scommettersi”.

La accusano di irrilevanza, e al tempo stesso però di voler spaccare il centrosinistra. Un paradosso. Ci spiega come ci riuscirà?

“Se ti accusano di irrilevanza, vuol dire che hanno paura. Se sei irrilevante e al tempo stesso spacchi, se non conti nulla e invece li fai perdere… penso che ci sia molta preoccupazione. Adesso queste paroline d’ordine le usano molto meno perché diventerebbero anche ridicole e patetiche. Molti che pensavano di avere alle spalle le invincibili armate rischiano invece di essere attorniati da vincibilissimi plotoncini e quindi parlano meno della nostra marginalità. Parlano meno di noi, pensano a curarsi le ferite”.

Uno dei suoi slogan è “il vero voto utile”. L’ha pensato anche per smontare un po’ questa retorica?

“Una campagna elettorale in cui ti dicono “il voto utile è quello che dai a me” è una campagna elettorale misera e miserabile. Noi diciamo che il vero voto utile è il voto libero, comunque vada. La libertà di un voto è la qualità più alta che l’elettore possa esprimere per la politica del suo territorio”.

Parlando di temi, a me e ai ragazzi della mia generazione sta molto a cuore quello dei giovani che fuggono dalla Sicilia per trovare fortuna altrove. Lei come pensa di affrontare questo annoso problema?

“Evitando le parole patriottiche. “Loro devono restare”, “sono le nostre intellighenzie”, “sono il nostro futuro”… Io molto più concretamente credo che i giovani siano il nostro presente e che sia del loro presente che ci dobbiamo occupare. Il loro presente vuol dire una legge sul diritto allo studio, che né Cuffaro, né Lombardo, né Crocetta sono riusciti a portare al voto in Assemblea Regionale; politiche per lo studio che riguardano la mobilità, l’edilizia scolastica, la formazione. Settori che sono stati considerati terra di saccheggio, e che dovrebbero invece essere considerati territorio strategico, per una politica che voglia occuparsi non solo in termini retorici ma in termini concreti della sorte di questi ragazzi”.

La legalità è uno dei suoi cavalli di battaglia. Però stavolta tra i suoi avversari ci sono i 5 Stelle, che su questo tema vanno fortissimo. Perché un elettore dovrebbe votare lei, anziché Cancelleri?

“Cancelleri, accompagnato da Di Battista e Di Maio, è andato ad Alcamo, ha fatto un comizio di un’ora e quaranta e non ha detto una sola volta la parola mafia. Come se questa fosse ormai una terra mafia-free. Ovviamente così non è, ma io bado anche alle reticenze, ai silenzi, a ciò che si dice e non si dice. Io martedì (oggi, ndr) vado a fare comizio a San Cristoforo, a parlare alla gente onesta di San Cristoforo, a chiedergli che siano innanzitutto loro a togliersi di dosso l’etichetta che quelli come Pellegrino hanno attaccato a quel quartiere. Io la faccia gliela metto, Cancelleri non so dove mette la faccia perché non l’incontro mai”.

Quali sarebbero i suoi primi due atti da presidente?

“Una legge sul diritto allo studio e una di iniziativa popolare sulla povertà. Quindicimila firme, strumenti sinergici che si affiancano a quelli dello stato e che parlerebbero a una platea di quattrocentomila persone in condizioni di povertà assoluta. Sarebbe un modo anche simbolico di far capire che questa legislatura si occuperebbe dei diritti dei cittadini e non dei consensi degli eletti”.