E’ stato presentato in anteprima al Palab e proiettato per ben tre volte consecutive, per accontentare la marea di gente accorsa alla prima del documentario del filmaker Igor D’India dal titolo“Oreto – The urban adventure”.
Un percorso a piedi in acqua, dalla foce alla sorgente, ripreso in quattro momenti diversi dell’anno, tra liquami fognari, cascate, carcasse di automobili, animali inaspettati, agrumeti e meraviglie della natura.
Sembra un video degno del National Geographic, ma in realtà è il ciclo della vita del fiume principale di Palermo quello raccontato dal filmaker Igor D’India in “Oreto – The urban adventure”, il documentario che racconta con la forza delle immagini la prima risalita in solitaria del fiume Oreto, mai documentata in video. Un’esplorazione urbana dal fondo più basso della città di Palermo, per dare luce a un disastro ambientale pluridecennale, continuo e continuato.
Igor, partendo dal Sant’Erasmo, dove l’Oreto sbocca sul mare Tirreno, ha risalito in 4 tappe – tra l’autunno del 2010 e l’estate del 2011 – i circa 20 chilometri che separano la foce del fiume dai suoi affluenti principali, poco sotto Pioppo, frazione di Monreale.
Per raggiungere il suo obiettivo, il documentarista si è servito di un canotto, un machete, uno zaino, una muta spessa 5 millimetri e due corde. L’intera storia, lunga 30 minuti, è stata raccontata servendosi di una telecamera leggera ad alta definizione e una microcamera subacquea.
Le immagini, accompagnate dai commenti in presa diretta dello stesso Igor, alternano elementi raccapriccianti – carcasse di auto, liquami depositati sul letto del fiume, discariche abusive – a piccoli miracoli della natura, come i pesci che vivono sotto il ponte Corleone o le cascate d’acqua all’altezza di Altofonte.
«Tra le cose curiose che ho trovato lungo il letto del fiume – dice Igor – ricordo: la carcassa si una Seicento, un i-Phone, tante siringhe e una
tartaruga tropicale viva, gettata lì chissà quando e da chi. Lungo la mia strada ho incontrato tanti cani randagi e anche un senzatetto che si è
costruito la sua casa improvvisata sotto il ponte Oreto».
Igor D’india, 27 anni, non è nuovo a queste prove estreme. Già la scorsa estate è salito agli onori delle cronache seguendo in bicicletta e in senso inverso – da Marsala a Torino – i 2100 chilometri di percorso dei Mille che accompagnarono Giuseppe Garibaldi e contribuirono all’unità d’Italia.
Tornando al video, Igor tiene a precisare: «Il mio non è un documentario storico o una inchiesta, ma la mia personale esperienza all’interno del fiume e il rapporto che si è creato tra me e quello che osservavo dall’alto come una fogna a cielo aperto. Ho scoperto in realtà un percorso d’acqua che mi ha insegnato il senso di eternità. Siamo tutti preoccupati di dover salvare il fiume. Ma io, standoci dentro, ho vissuto una situazione di continuità. Il problema non è salvare l’Oreto, ma noi stessi. Perché il fiume è sempre stato là e continuerà a scorrere per sempre, anche millenni dopo la nostra scomparsa e noi stupidamente non ce lo stiamo godendo. Oggi è un non luogo, dove significato e significante
non camminano insieme da tempo. Il problema principale purtroppo è la gente che ci vive intorno, che deve essere educata dalle istituzioni a rispettare il fiume, con una lunga opera di convincimento. Solo dopo si potrà parlare di riserva. Alla fine il mio è solo un documento-video che regalo alla comunità».
“Oreto – The urban adventure” sarà visibile gratuitamente anche su Internet sul sito www.igordindia.it
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