Tre dimensioni sessuali: intervista a Fausto Brizzi regista di Com’e’ bello far l’amore

Massimo Arciresi intervista in esclusiva per Sicilianews24 Fausto Brizzi, regista della commedia “Com’è bello far l’amore”.

di Massimo Arciresi

A Palermo, presso il Grand Hotel et des Palmes, venerdì 10 febbraio, giorno di uscita nazionale della commedia Com’è bello far l’amore, ha avuto luogo una conferenza stampa con il regista Fausto Brizzi e il suo primattore Fabio De Luigi (nelle foto di Rosy Giordano), che hanno mantenuto il loro impegno nonostante le cancellazioni aeree dovute al freddo (sono infatti arrivati in treno). Il film, che racconta di una coppia (formata da De Luigi e Claudia Gerini) la cui passione appare spenta, risvegliata, nel bene e nel male, dalla visita di un amico della moglie (Filippo Timi, al primo ruolo ironico), di professione pornodivo, il quale poi ospita anche una collega (Giorgia Würth), è al centro dell’attenzione per il fatto di essere stato girato (in Italia l’hanno fatto ancora in pochi) in 3D.

Fausto, il film doveva chiamarsi in un primo tempo Sex. Vorrei sapere non tanto com’è nato il nuovo titolo, quanto piuttosto com’è morto quell’altro…
«In realtà il titolo era Com’è bello far l’amore fin dal principio, quando abbiamo cominciato a scrivere la sceneggiatura con Marco Martani e Andrea Agnello. Purtroppo, non erano ancora pronti i diritti della canzone di Patty Pravo che accompagna i titoli di coda, così il produttore aveva proposto Sex, e io non avevo niente in contrario.»

Per quel che riguarda il 3D, bastano due macchine da presa che girano simultaneamente?
«Magari! Intanto qui la macchine da presa erano quattro, perché i film comici, per non perder nulla, si girano già a doppia macchina; e poi il 3D richiede un sacco di gente sul set, quindi c’erano sei, sette persone in più, il che quando giri in ambienti ristretti è un bel problema. Comunque ci siamo preparati: nei mesi precedenti ho girato dei videoclip, ho cercato insomma di fare prima del film tutti gli errori possibili, in modo che poi al momento giusto siamo andati lisci. Ci sono volute otto settimane, più o meno come per i miei lavori precedenti.»

Inevitabilmente, nel film qualche inquadratura più “giocosa” sembra concepita a uso e consumo dell’effetto speciale.
«Per noi è stato un parco divertimenti. Ho cercato di “lanciare” oggetti in faccia allo spettatore il meno possibile… Se rifacessi il 3D non farei uscire niente dallo schermo; è soltanto un gioco. È come quando hai una macchina nuova e la spingi a tutta velocità per vedere fino a dove arriva. Quindi ogni tanto ne ho approfittato per qualche trucco, ma non sarebbe stato necessario. Vedrai che in futuro i film in 3D saranno come quelli che fa la Pixar: niente esibizionismi, solo l’effetto di profondità.»

Il prologo, in particolare, dà l’idea di essere stato scritto per dar sfogo alla stereoscopia.
«L’intero film è stato pensato per il 3D, ma in effetti il prologo è più “dimostrativo”, lì non posso negare di essermi sbizzarrito.»

Quando Timi all’inizio menziona nell’“inosservata” categoria del cinema d’autore Bellocchio, che è uno dei suoi registi, si è trovato in difficoltà?
«No, era divertito. Avevamo pensato a tanti autori da citare. Von Trier ci è venuto spontaneo; fra gli italiani ci domandavamo se potesse risultare più offensivo citare o non citare Bellocchio, ma abbiamo concluso che nominarlo significava anzi riconoscergli la giusta importanza.»

C’è un cameo di Enzo Salvi, che nelle tue commedie non manca mai…
«Sì, Enzino l’ho inserito in una scena in cui De Luigi è tra lui e Timi. Per me è una specie di Bignami dei vari tipi di cinema in Italia: popolare, più sofisticato e impegnato.»

Prossimo film? Tridimensionale?
«Ho già scritto il prossimo, lo giro a maggio. Si chiama Pazze di me, ma non posso dirti nient’altro, se non che sarà pieno di donne comiche.»

Fabio, ormai un legame indissolubile con Brizzi…
«Magari si dissolverà prima o poi, non possiamo andare avanti così… (ride) Al momento è un legame piacevole di lavoro, e anche di amicizia. È il quarto film insieme, ma è il primo non corale della sua carriera. Un’unica storia sulle mie spalle e su quelle di Claudia e Filippo, per cui mi fa piacere che abbia scelto me.»

Per tale motivo e soprattutto dopo aver letto il copione, c’è stato qualche timore?
«No, assolutamente nessun timore. Conoscevo benissimo l’argomento e la storia prima che me lo sottoponessero. Io faccio fondamentalmente il comico, o comunque l’attore brillante; quello che c’è all’interno del film erano occasioni ghiotte per chi, come me, ama far divertire le persone. Poi, si sa, quando uno interpreta un ruolo in un film, per fortuna, non è là perché è uguale al personaggio!»