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Cida-Censis, valorizzare manager P.A. per vincere sfida Recovery

ROMA (ITALPRESS) – Per gli italiani la managerialità è un valore, e poiché la Pubblica amministrazione è decisiva per il buon esito del Next Generation Eu, è tempo di iniettare figure e culture manageriali nella PA. Sono queste, in sintesi, le conclusioni del primo rapporto Cida-Censis sui manager, in cui l’analisi quantitativa e qualitativa della categoria, si arricchisce di un inedito sondaggio sull’opinione che gli italiani hanno dei manager, in particolare di quelli operanti nella pubblica amministrazione. Il Rapporto Cida-Censis “Il valore dei manager per tornare a crescere nel benessere – Perché con più manager la PA sarebbe subito pronta per la buona gestione dei fondi NgEu e non solo”, è stato presentato e commentato oggi, in occasione dell’assemblea annuale di Cida, la confederazione dei dirigenti pubblici e privati e delle alte professionalità, da Mario Mantovani, presidente di Cida, e Massimiliano Valerii, Direttore generale del Censis. Significativi sono i numeri dell’apprezzamento degli italiani per quelle professioni che hanno giocato un ruolo decisivo nell’emergenza Covid-19.

Alla elevata fiducia nei confronti di alcune figure emblematiche si contrappone la ridotta fiducia nella PA come sistema, esito anche della percezione che non ci sono stati miglioramenti negli ultimi due anni: lo dichiara il 60,7% degli italiani (ed è il 66,6% nel Sud e Isole, il 77,3% tra gli over 65), mentre per il 28% la PA è migliorata almeno un po’ (ed è il 32,3% nel Nord Est, il 34,3% tra i laureati) e l’11,3% è incerto. La managerialità è un valore per gli italiani. Infatti, il 63,8% (67,8% tra chi ha una laurea) ritiene che in un ente pubblico, ministero o ospedale è indispensabile per fare bene incentivare i capi e i dirigenti con competenze e capacità da manager. “Il rapporto Cida-Censis evidenzia un depauperamento della Pubblica amministrazione, anche se a ‘macchie di leopardo’, dovuto a pensionamenti e blocco del turn over: serve un grande sforzo di ricostruzione, prima ridisegnando l’organizzazione e poi inserendo nuove competenze – ha detto il presidente di Cida, Mario Mantovani – Il Pnrr deve diventare l’opportunità per dare concretezza a questa opera riformatrice, purché non si cada nell’errore di basarsi sulle attuali piante organiche e riempirle di persone, anche capaci. La nostra proposta è quella di procedere innanzitutto a potenziare le strutture organizzative (penso alla gestione delle risorse umane) con veri esperti di organizzazione dislocati in tutte le amministrazioni pubbliche. E perseguendo un obiettivo di digitalizzazione della P.a., con un’organizzazione pensata per questo e non adattando una vecchia struttura ad un nuovo modello digitale. Fatto questo, occorre ‘mappare’ le competenze presenti nella pubblica amministrazione, e la ricerca Cida-Censis ne ha dimostrato l’esistenza, anche di eccellenza. Da questa ‘mappa’ sarà poi possibile individuare le carenze di professionalità, da reperire sul mercato, e inserirle con la giusta valorizzazione”.

A sottolineare alcune cifre della ricerca, è Massimiliano Valerii, Direttore Generale del Censis: “La Pubblica amministrazione è inchiodata a un’immagine stereotipata, quella di una burocrazia ipertrofica e vessatoria. Ma i 3,2 milioni di dipendenti pubblici non sono un monolite. Convivono ancora sacche di inefficienza con punte d’eccellenza. Bisogna sfatare alcuni falsi miti. Negli ultimi dieci anni il personale della Pa si è ridotto del 3,9%, 132mila dipendenti in meno. La riduzione nei ministeri è stata del 21,2%. Tra i dirigenti del 13,0%. Ma l’Italia ha bisogno di una macchina amministrativa che funzioni bene: è il presupposto per il successo del Pnrr e per il rilancio del Paese. Sono convinto che una gestione manageriale delle amministrazioni pubbliche produrrebbe una inversione dell’umore del Paese, con servizi pubblici che risolvono i problemi di cittadini e imprese, anziché complicarli”. In chiusura sono stati anticipati alcuni dati del secondo numero dell’Osservatorio Cida-Adapt ‘La-bour Issue’, dedicato ai manager.

“Ci siamo occupati dei numeri dei dirigenti in Italia paragonati al contesto europeo”, ha spiegato Francesco Seghezzi, presidente Fondazione Adapt. In pratica, analizzando i dati Eurostat, risulta non solo che nel nostro Paese i manager sono pochi (3,5 su 100 dipendenti, contro il 10% di altri Stati), ma che l’Italia è una vera anomalia in Europa. E’ infatti l’unico Paese in cui il numero dei manager ‘auto-nomi’ supera quello dei manager dipendenti. Un fenomeno che non può spiegarsi solo con la ri-dotta dimensione delle nostre imprese o del loro essere spesso di natura ‘familiare’, ma che rivela una scarsa cultura manageriale nel sistema produttivo, per cui le imprese non sono ‘abituate’ a dotarsi delle figure manageriali necessarie. “Ci siamo occupati dei numeri dei dirigenti in Italia paragonati al contesto europeo”, ha spiegato Francesco Seghezzi, presidente Fondazione Adapt. Da un’analisi dei dati Eurostat, emerge che in Italia i manager sono pochi (3,5 su 100 dipendenti, contro il 10% di altri Stati) e che si tratta dell’unico Paese in cui il numero dei manager “autonomi” supera quello dei manager dipendenti.

Redazione

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