Chiude agenzia beni confiscati. La decisione di sopprimere la sede Palermo di dell’Agenzia per i beni sequestrati e confiscati alla mafia mette in subbuglio i sindacati, è in preparazione, infatti, una mobilitazione della Cgil contro la decisione. Oltre quella palermitana si aggiungono anche quelle di Napoli e Milano, secondo quanto previsto dal nuovo codice antimafia in vigore dal 4 novembre. A restare, quindi, sarà solamente la sede principale di Roma e quella secondaria di Reggio Calabria, entrambe poste sotto la sorveglianza del Ministero dell’Interno.
Quello che preoccupa è la sorte dei lavoratori, e la dispersione di un patrimonio professionale accumulato in questi anni. E’ di questi giorni l’arrivo di una lettera del direttore amministrativo in cui si chiede ai dipendenti, in attesa della riorganizzazione, il consenso alla proroga del comando per tutto il 2018 senza più la garanzia degli stipendi.
I sindacati hanno messo in evidenza le criticità presenti nella norma del nuovo codice antimafia, che ha previsto il riassetto dell’Agenzia. “Una legge – dicono la Cgil e la Fp Cgil Palermo – giuridicamente bellissima per gli scopi che si propone ma debole per quanto riguarda l’organizzazione del personale”.
“Una situazione paradossale. Viene chiesta la disponibilità ai dipendenti in distacco ma l’Agenzia, che nella nuova direttiva dovrà ampliare gli organici da 95 a 200 unità, non è in grado di sostenere con il proprio bilancio i trattamenti economici per il personale comandato”, dichiara Mario Ridulfo della segreteria Cgil Palermo.
«Stiamo cercando di capire come riorganizzare il lavoro. Le sedi di Milano, Napoli e Palermo per ora continuano a lavorare, poi dovremo comprendere se mantenerle come presidi in un’altra forma», spiega il prefetto Ennio Mario Sodano, nuovo diretto dell’Agenzia.
Il 43% dei beni confiscati è in Sicilia. Quella di Palermo sarebbe, secondo il segretario, una risorsa di cui non possiamo fare a meno, necessario un punto di riferimento fisico dove affrontare i temi sulla gestione.
All’assemblea è stata ribadita la richiesta di mantenimento della sede come punto di riferimento territoriale o sede decentrata. “La nostra – aggiunge Ridulfo – non è una rivendicazione campanilistica ma l’idea che la lotta alla mafia si fa sui territori e che lo Stato deve garantire certezza di risorse e una gestione attenta.
Le sedi sono terminali delle richieste di attività giudiziarie da parte degli amministratori che gestiscono beni mobili, immobili e aziende. E a fine di ogni confisca c’è tutto il lavoro che l’Agenzia deve fare sul territorio per valutare la destinazione dei beni”.
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