Cgil Sicilia “Governo taglia 4,8 miliardi di risorse”
Un approccio diverso alla questione meridionale, con una politica economica che tenga conto anche delle esigenze della Sicilia: questa la richiesta della Cgil regionale al governo italiano, attraverso un report in cui vengono evidenziate una serie di risorse che sarebbero venute meno nel territorio e senza le quali sono concreti i timori che la Sicilia possa piombare ulteriormente nella povertà. Accanto al dossier, denominato ‘Governo Meloni quanto ci costì, viene sottolineata la mancata presa di posizione di Palazzo d’Orleans che, secondo la Cgil, avrebbe in tal senso assecondato passivamente le scelte del presidente del Consiglio e del ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto.
La sottrazione di risorse quantificata dal sindacato ammonterebbe a 4.8 miliardi di euro tra Pnrr, Fondo sviluppo e coesione, insularità e reddito di cittadinanza: in più, spiega il segretario della Cgil Sicilia Alfio Mannino, “non abbiamo tenuto conto dell’autonomia differenziata, che relegherebbe la Sicilia in condizioni di grande marginalità: questi soldi sarebbero serviti a dare risposte alle tante fragilità sociali ed economiche di questa regione. In un territorio dove il diritto alla salute viene negato, dove le carenze infrastrutturali sono sotto gli occhi di tutti e dove il fenomeno dello spopolamento è sempre più presente assistiamo a una politica economica che non guarda al Mezzogiorno”. Le perdite più corpose riguarderebbero il Pnrr in quanto, aggiunge Mannino, “verrebbero meno 2.4 miliardi di euro, 1.1 per le infrastrutture e 1.3 per il contrasto alle diseguaglianze. Il paradosso è che nella riprogrammazione del piano l’Italia si ritrova con 1.7 miliardi in più: non è accettabile che tali risorse vengano tolte alla Sicilia”.
La proposta del sindacato è di tornare a investire su quei settori strategici per il rilancio della regione: pubblica amministrazione, contrasto al dissesto idrogeologico, rilancio dell’apparato industriale, efficientamento energetico dei Comuni, rigenerazione urbana (in particolare sulla questione rifiuti), potenziamento dei servizi nelle aree interne ma soprattutto limitazione delle diseguaglianze sociali ed economiche. Riguardo quest’ultimo aspetto, evidenzia il componente della segreteria regionale Francesco Lucchesi, “la Sicilia è le ultime regioni d’Italia e d’Europa rispetto ai tassi di occupazione e povertà: siamo preoccupati soprattutto per la mancata erogazione del reddito di cittadinanza, che avrà effetti importanti sul territorio, e per gli investimenti destinati al ponte sullo stretto, che toglieranno inevitabilmente fondi ad altre opere”.
Per Christian Ferrari, componente della segreteria nazionale, è soprattutto sullo sviluppo industriale che bisogna insistere: “Il rilancio del mercato non avverrà con la Zes unica, ma con un piano industriale concreto che tenga conto delle esigenze del Mezzogiorno, per trasformare il sud in un hub energetico serve una filiera in grado di produrre impianti funzionali alla transizione green. Non è accettabile il taglio di fondi diretti per finanziare gli incentivi automatici alle imprese, anche perchè la maggior parte di questi fondi va al nord”.
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