CATANIA – “Il giardiniere è colui che coltiva il bello e per questo è una figura di cui non possiamo fare a meno”. E se lo dice Claudio Porchia, il curatore dell’opera di Libereso Guglielmi, uno dei più grandi giardinieri viventi italiani, allora non si può non credergli.
E proprio attorno alla figura di chi cura il giardino come se fosse uno di famiglia, con l’amore e la dedizione di un padre, che si è intessuta una ricca conversazione, oggi pomeriggio, alla Cappella Bonajuto, splendido monumento bizantino, scampato ai terremoti e alle eruzioni che, nel corso della storia, hanno devastato Catania.
Una piacevole chiacchierata che ha avuto come protagonisti, oltre Claudio Porchia, l’assessore ai Saperi condivisi e alla Bellezza, Orazio Licandro, la principessa Maria Carla Borghese, proprietaria di uno dei Grandi Giardini italiani di Sicilia, Silvio Galeano, preside dell’Istituto professionale per l’agricoltura “Santo Asero” di Paternò e Salvatore Bonajuto, agronomo, paesaggista e padrone di casa. Prendendo spunto dal libro di Karel Capek (1890-1938) “L’anno del giardiniere”, una sorta di manuale atipico di giardinaggio in cui l’autore racconta le difficoltà patite da chi cura il giardino per farne un tempio della perfezione, i relatori hanno dato vita a una riflessione non solo sul rapporto dell’uomo con la bellezza e con la natura, ma anche sulla necessità di divulgare l’arte del giardinaggio, antica come la storia stessa dell’umanità.
Ha introdotto l’assessore Licandro che, dopo aver raccontato la genesi dell’incontro-dibattito, inserito nel cartellone di eventi del Comune “Percorsi d’Autunno”, si è soffermato sulla figura poliedrica dell’autore e sulla capacità del giardino di riportare alle origini il rapporto uomo – natura.
Ha poi preso la parola la principessa Borghese, che ha narrato della nascita del proprio “parco”, il giardino del Biviere di Lentini, 2 ettari e mezzo di verde strappato alla palude e diventato, giorno dopo giorno, una sorta di paradiso terrestre che attira ogni anno numerosi visitatori. “Quello con il mio giardino – ha spiegato – è un rapporto di amore e di affetto profondo, nato nel tempo e divenuto ogni giorno più forte”.
Da un proprietario di giardini a un altro, è stato poi il turno di Salvatore Bonajuto, che possiede il giardino di “Villa Trinità” a Mascalucia, che ha voluto evidenziare la passione che deve caratterizzare chi lavora la terra, della disciplina ferrea, “quasi militaresca”, cui deve attenersi chi opera con le piante per ottenere grandi soddisfazioni, e quanto sia importante il tempo da dedicare a una creatura che è viva. “Il giardino cresce – ha affermato – ma non invecchia mai”. Infine, il preside Galeano, si è soffermato sulle difficoltà, prima di tutto culturali, che incontra chi si vuole affacciare alla materia, e della necessità di trasmettere il patrimonio di conoscenza sull’arte del giardinaggio alle generazioni più giovani. “Bisogna spiegare ai ragazzi – ha detto – che il rapporto con la terra non porta necessariamente miseria, ma può diventare una grande ricchezza”.
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