«Ad ogni istante si riscontra in questa collezione, come in tutte quelle dei monaci, l’istinto della formica che raccoglie ed accumula indiscriminatamente e con la stessa passione il chicco di grano e l’inutile pezzo di legno: felice istinto questo, da cui sono nate le prime collezioni», così Dominique Vivant-Denon, futuro direttore del museo del Louvre, avrebbe ricordato il museo dei padri benedettini nel monastero di San Nicolò l’Arena a Catania, dopo averlo visitato nel 1779.
Le opere sono adesso fruibili da oggi grazie ad una mostra al Castello Ursino, inaugurata dal sindaco di Catania Enzo Bianco alla presenza dell’assessore ai Saperi e bellezza condivisa Orazio Licandro e dalla curatrice Barbara Mancuso, dal titolo “L’istinto della formica – Arte moderna delle collezioni benedettine dai depositi del castello” che sarà aperta fino al 20 ottobre 2017.
«Una mostra straordinaria – ha detto il sindaco Bianco – perché valorizza il nostro patrimonio culturale, in particolare le collezioni che sono custodite nel Museo Civico del Castello Ursino. Un’altra grande proposta culturale che siamo certi attirerà catanesi, visitatori e turisti».
«In questi anni – ha aggiunto l’assessore Licandro – abbiamo ottenuto grandi risultati e riscontrato notevoli riconoscimento grazie a quanto abbiamo fatto anche per fare conoscere e valorizzare il nostro patrimonio culturale, ad di là delle grandi mostre “importate” come, ad esempio, Picasso, Warhol ed Escher. Abbiamo iniziato con l’Ottocento pittorico siciliano, abbiamo esposto gli affreschi provenienti dalle catacombe di Domitilla, la collezione numismatica che non veniva resa pubblica dagli anni Trenta del secolo scorso, i disegni degli Ittar padre e figlio, adesso con l’Università di Catania stiamo raccontando gli interessi formidabili nel collezionismo di questa cerchia di eruditi che erano i Benedettini, realizzatori di quelli che erano i musei ante litteram».
Costituito da diverse sezioni e già esistente negli anni Quaranta del XVIII secolo, il museo del Castello comprendeva diverse tipologie di oggetti – terrecotte e maioliche, quadretti su diverso supporto, arredi di squisita fattura, bronzetti moderni, armi, curiosità, ma anche, accanto alle raccolte di antiquaria e a quelle di storia naturale, una serie di dipinti la cui analisi è stata finora trascurata anche a causa dei dubbi sull’
La mostra è una prima presentazione ad un pubblico più vasto dei recenti risultati di queste ricerche, al fine di suggerire un’immagine complessiva della ricchezza e sorprendente varietà delle collezioni originarie. Tra le sezioni della mostra spiccano in tal senso quella dedicata ai dipinti ceduti ai monaci dal celebre organaro Donato Del Piano, negli anni Settanta del Settecento, primo nucleo della pinacoteca; la ricostruzione dell’assetto ottocentesco della pinacoteca benedettina attraverso le notizie riportate dalle fonti dell’Ottocento; l’esposizione dei bozzetti delle pale d’altare della chiesa di San Nicolò l’Arena, interessante documento del gusto classicista dei monaci committenti; il riproporre quella varietà tipica dei musei settecenteschi attraverso numerosi manufatti che vanno dai piccoli stipi alle terrecotte orientali, dalle antiche calzature agli oggetti in avorio e in alabastro, dalle ceramiche calatine ai bronzetti moderni, fino a oggetti realizzati con particolare abilità come la canna incisa del 1612 realizzata a Palazzolo Acreide.
Obiettivo primo della mostra era però l’identificazione delle opere citate dalle fonti documentarie e letterarie che ha consentito di ricostruire la consistenza di quella “ricca pinacoteca” benedettina, descritta da Francesco di Paola Bertucci nel 1846 e ammirata in tutte le descrizioni della città, che per la prima volta è stata riunita per essere mostrata al pubblico e resa disponibile agli studi. Si potranno così vedere insieme a dipinti già noti e regolarmente esposti come il Profeta di Ribera, due Storie del buon Samaritano del pittore caravaggesco siracusano Mario Minniti, recentemente ricondotte all’artista sebbene da tempo nei depositi; si potranno meglio considerare opere come l’Adamo ed Eva che piangono la morte di Abele da
cui è emersa in questa occasione la data 1717; ammirare uno splendido Tobiolo e l’angelo; rivedere il “Ritratto di gentiluomo” di Domenico Theothokopoulos, detto El Greco, da troppo tempo dimenticato: un piccolo intenso dipinto del grande artista cretese di nascita e italiano di formazione, ma infine spagnolo di elezione, geniale e visionario interprete dell’autunno del Rinascimento mediterraneo.
La mostra nasce dalla volontà del Comune di Catania e in particolare dell’Assessorato ai Saperi e bellezza condivisa di valorizzare le collezioni artistiche del Museo civico di Castello Ursino. A tal fine l’Università si è confermata l’interlocutrice naturale dell’amministrazione cittadina, a conoscenza delle ricerche che gli studiosi dell’Ateneo di Catania da anni dedicano anche al patrimonio culturale del territorio. Il risultato è quindi il frutto della fertile collaborazione tra il Comune e l’Università e si lega ad un progetto di ricerca del Dipartimento di Scienze umanistiche dal titolo La storia delle collezioni per l’educazione al patrimonio. Arte antica, medievale e moderna al museo civico di Castello Ursino (FIR 2014-17), dedicato allo studio di una selezione di opere e delle loro vicende collezionistiche.
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