Dopo la morte di Nicole, la neonata catanese che ha perso la vita per la mancanza di posti liberi nei reparti di rianimazione pediatrica, nella sanità siciliana è caos allo stato puro: l’assessore Lucia Borsellino che, sull’onda dell’emozione e dell’ipotesi di commissariamento ventilata a caldo dal ministro Lorenzin aveva annunciato le dimissioni, continua a lavorare alacremente. Il Presidente della Regione chiama in causa l’universo mondo della Sanità dai manager agli infermieri, ma esclude responsabilità del governo regionale (e parla di scaricabarile!!); un magistrato inquirente molto apprezzato, in un post su Facebook, ipotizza una manovra del NCD siciliano contro la Borsellino e snocciola dati sui posti letto del piano nazionale proposto e di quello regionale attuato.
Insomma non si capisce più chi deve fare cosa: forse una rotazione sarebbe l’ideale. Il magistrato competente di Sanità va a fare l’Assessore, Crocetta passa in Procura, coronando un sogno segreto e la Borsellino diventa Presidente, dando una immagine più seria alla Sicilia.
Tanto per aumentare lo stato confusionale il responsabile regionale di Forza Italia senatore Gibiino, è figlio dei titolari della clinica dove è avvenuto il parto e che la Borsellino minaccia di bloccare come punto nascita: un groviglio inestricabile dove non si capisce più niente.
Quel che sembra chiaro è che le sollecitazioni della maggioranza e l’atteggiamento non ostile dell’opposizione, che ha solo chiesto alla Borsellino di riferire sul caso il 18 febbraio all’Ars, sembrano aver convinto l’assessore alla Sanità a soprassedere. E, d’altro canto, non è che le dimissioni della Borsellino, unanimemente ritenuta una dei pochi personaggi che hanno lasciato un segno, nella nutrita pattuglia di assessori nominati da Crocetta in poco più di due anni, avrebbero risolto la situazione.
L’impressione generale è che la Sanità siciliana soffra di due grandi malattie: l’ingerenza politica che privilegia le amicizie e le relazioni economiche nell’affidamento degli incarichi e la tendenza a sottrarsi alle responsabilità che prevale nell’organizzazione. “Non c’è posto” è la frase magica per trarsi d’impiccio ed evitare “camurrie”.
Esattamente il contrario di ciò che imporrebbero il giuramento di Esculapio e il normale buon senso per i quali la vita umana è al di sopra di tutte le scartoffie.
Tagliare il cordone ombelicale con la politica e cacciare i medici burocrati e vetisettisti, è l’unica ricetta che potrebbe dare una svolta: ma a questa utopia, così come alla rivoluzione di Crocetta, non crede più nessuno.
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