Caso delle sorelle Napoli. Quella delle sorelle Napoli è una storia tutta siciliana. Una storia “antica” che andava ragionevolmente risolta sul nascere, ma che per ragioni di abitudine mentale, di clima, di noia e di mancanza di intenti comuni alla comunità, va ascoltata nei suoi continui colpi di scena.
C’è, tra gli elementi che caratterizzano questa storia, la lentezza che è anche accortezza nell’arrivare a formulare una denuncia per fatti compiuti dal 2006 al 2014. C’è un contesto paesano che facilita il continuo nascere e perire di questioni odiose, come i “ consigli “ chiesti a Simone La Barbera, dalle sorelle Napoli, per risolvere il problema, come è abitudine fare a Mezzojuso.
Per poi apprendere dell’arresto proprio di La Barbera detto ‘Il lungo’, insieme ad Antonino Tantillo, detto ‘Nenè’ e Liborio Tavolacci. Tutti e tre arrestati con l’accusa di tentata estorsione nei confronti delle sorelle Irene, Gioacchina e Marianna Napoli. La tentata estorsione in quanto violenza diretta a coartare la volontà della vittima affinché questa compia un atto di disposizione patrimoniale, servirebbe senz’altro a spiegare il perché di quelle dannate mucche nei terreni delle sorelle Napoli, ma non serve a spiegare altre questioni.
La faccenda, infatti, si è alquanto complicata con l’entrata in scena del giornale La Repubblica che ha informato Mezzojuso dell’esistenza di questo problema che durava da 11 anni. Successivamente il Sindaco Giardina preciserà con una nota questa situazione. “ Il Sindaco Salvatore Giardina chiedeva subito al Presidente di convocare in seduta straordinaria e urgente il Consiglio Comunale e di porre all’ordine del giorno questo punto: solidarietà alle sorelle Napoli. Poiché, come è noto, gli uffici comunali il sabato e la domenica sono chiusi (…) il Sindaco disponeva affinché il personale necessario, anche se di sabato o domenica, provvedesse a diramare e notificare la convocazione del Consiglio, come detto prima, in seduta straordinaria ed urgente per lunedì 25 settembre 2017.” Fin qui impossibile mettere in dubbio la loro buonafede.
Le cose cambiano molto, circa un anno dopo, con l’interessamento della trasmissione “Non è L’Arena ” diretta da Giletti su LA7 che ha portato sotto le luci della ribalta quella che sembrava essere una storia abbastanza monotona. Una puntata del Novembre 2018 fa vedere in collegamento una piazza del paese vuota, il giornalista solo con una delle sorelle Napoli.
Dopo qualche minuto arriveranno altri due uomini ed inizieranno tutti a chiedersi, con qualche sorriso, come mai non ci fosse nessuno in quella piazza desolata. La risposta in un proverbio “ male non fare paura non avere “. Se le due cose fossero realmente collegate basterebbe farsi un esame di coscienza.
Purtroppo il vuoto della piazza così come l’assenza delle persone sono state avvertite. Vuoto che ha costretto a più riprese il Sindaco del Comune di Mezzojuso ad intervenire a dimostrazione del indiscusso appoggio fornito alle sorelle Napoli. Ne elenchiamo qualcuna estratta dai comunicati prodotti dal Sindaco: una mietitrebbia regalata dall’associazione ‘ Raggio di luce ‘ alle sorelle Napoli; la decisione da parte del Comune di costituirsi parte civile; l’organizzazione di un’assemblea cittadina con oggetto “Mezzojuso democratica e solidale a favore di tutte le vittime di mafia ed estorsioni” e si potrebbe continuare così con moltissime altre iniziative.
Purtroppo il rapporto con i mezzi di informazione peggiora sempre più, e non si contano più gli appelli del Sindaco: “Siamo un paese vittima della disinformazione. Aiutateci a ridare la dignità perduta ad una comunità”. Ma i fatti sono tutti dalla parte delle sorella Napoli, vittime nel frattempo di una sassaiola. Perdipiù, all’indomani della loro denuncia, sono state appellate per strada come le “ amiche degli sbirri “. A tutto questo c’è da aggiungere che la macchina di Salvatore Battaglia, un agente assicurativo che da sempre sostiene le tre sorelle, è stata bruciata.
Ma quando tutto sembra ormai chiaro, ecco un altro colpo di scena. Il Sindaco nomina Assessore, Nicolò Gebbia, ex Generale dei Carabinieri in pensione, che lasciando tutti interdetti, accosta il padre delle sorelle Napoli, morto nel 2006, a Bernando Provenzano.
Il padre delle sorelle Napoli, diventate nel frattempo l’emblema del bene che lotta faticosamente perchè si faccia giustizia, da sole, contro tutto il paese, vengono accusate di essere le figlie di un capomafia. Questa informazione fu resa, al Generale Gebbia, in una situazione ancora più paradossale. In un’estate del 2002, il Metropolita Ortodosso di Sarajevo, in via confidenziale, confidò a lui questa notizia. Secondo il Metropolita, Bernardo Provenzano, prima che fosse catturato, era nascosto nel monastero dei monaci di rito ortodosso di Mezzojuso.
Aggiunse anche, che tale sistemazione era favorita da un capomafia locale, un certo Napoli, perché vecchio e senza eredi maschi, e che per questo motivo vedeva in Provenzano un valido supporto della sua autorità.
Per chi avesse dubbi può trovare la deposizione resa in tribunale dal Generale Gebbia, qui dal minuto 16 e 20 in poi. Ma il Generale Gebbia, non si è fermato a questo, ha raccontato anche un altro aneddoto riguardante Carlo Alberto della Chiesa, che nel 1970 propose la sorveglianza speciale, prevista dal Codice Rocco, con obbligo di dimora fuori dalla Sicilia, per il signor Napoli, senza specificare, però, il perché di tale provvedimento. Le sorelle Napoli hanno denunciato per calunnia il Generale. Vedremo chi la spunterà.
Notizia di ieri è che la commissione regionale Antimafia presieduta da Claudio Fava ha fatto visita a Mezzojuso svolgendo una serie di audizioni in relazione alla vicenda delle sorelle Napoli.
“Quella di oggi a Mezzojuso è stata una missione utile ed importante. Le testimonianze raccolte dalla Commissione confermano la complessità della vicenda che merita certamente un’attenzione e una cura particolari. Sarà nostra cura nei prossimi giorni trasferire alla competente autorità giudiziarie alcune informazioni acquisite durante le audizioni odierne che sono state secretate”. Questa la dichiarazione di Fava.
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