MILANO (ITALPRESS) – “Abbiamo denunciato all’Antitrust questa anomalia che pagano i siciliani: da quando faccio politica è la prima volta che si assiste a prezzi come 600-700 euro per tornare da Roma a Palermo, mentre a New York si arriva con molto meno. Sono fortemente impegnato e con me credo di avere tutto il popolo siciliano. Andrò avanti e non mi fermerò perchè è un fatto inconcepibile”. Lo ha detto Renato Schifani, presidente della Regione siciliana, intervistato da Claudio Brachino per la rubrica “Primo Piano” dell’Agenzia Italpress, parlando dei prezzi elevati per biglietti dei voli verso la Sicilia. “Una società a capitale pubblico non può e non deve fare cartello – ha affermato Schifani -. Il capitale pubblico è dei cittadini. E’ vero che Ita sostiene che non può adottare politiche in perdita ma allo stesso tempo non può nemmeno penalizzare un Mezzogiorno che paga già il prezzo della sua insularità”.
Per il governatore siciliano, questo sta accadendo “in un momento in cui l’articolo 119 della Costituzione è stato modificato ed è previsto che occorre evitare le sperequazioni nel nostro paese, facendo riferimento – ha detto – in particolar modo al concetto di insularità”.
“Andremo avanti nella nostra battaglia politica – ha poi aggiunto Schifani – anche segnalando al governo non soltanto la situazione del cartello ma anche l’inaccettabilità del fatto che una compagnia di bandiera adotti questi prezzi che sono offensivi per la dignità umana”.
Sulla vicenda interviene anche il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla: “Sul tema del caro voli non si può mettere da parte la riflessione che riguarda l’opportunità di privatizzare gli aeroporti. Solo con una gestione privata, che ormai si registra in tutta Italia tranne che in Sicilia, si può pensare di rendere gli scali ancora più competitivi, aumentando il numero di tratte e di aerei. Se si pensa all’aeroporto Falcone e Borsellino di Palermo, ad esempio, è chiaro che bisogna operare, mettendo in campo tutte le procedure per vendere lo scalo a un prezzo equo di mercato e non certo di svendere un patrimonio di questa portata”.
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