Controllava il pizzo, lo spaccio di droga, le assunzioni e i licenziamenti nelle imprese e gestiva tutta l’attività criminale del carinese. E’ Calogero Passalacqua, il personaggio centrale dell’operazione ‘Grande Padrino’
Le indagini che all’alba di oggi sono sfociate nell’arresto di 21 persone a Carini, sono partite da Vito Caruso, il pescivendolo del Bivio Foresta, consuocero di Passalaqua, 80 anni, detto ‘Battista i Santi’, il reggente della locale famiglia mafiosa, che dalla propria abitazione, dove era agli arresti domiciliari, muoveva le fila della consorteria. Per Vito Caruso, l’esercizio commerciale è un punto di incontro privilegiato per i personaggi inseriti nella famiglia mafiosa. Lo confermano i passaggi delle mogli dei detenuti, alla quali il pescivendolo cede gratuitamente il pesce necessario a soddisfare il fabbisogno familiare e quello dei reclusi. Le indagini sulla pescheria, hanno fatto luce anche su un significativo traffico di stupefacenti, sopratutto cocaina, che al telefono, viene chiamata in codice,’gamberoni’.
Uno dei soggetti che fa visita dal pescivendolo è Giuseppe Evola. In una circostanza, Evola riceve una telefonata della moglie, cugina della consorte di Passalaqua, Maria. La donna riferisce di avere appena parlato con Maria, che le ha chiesto di passare ‘con l’oscuro’ per non attirare l’attenzione.
I militari a questo punto avviano il monitoraggio dell’abitazione di Calogero Passalaqua, un edificio nel cuore di Carini. Per i carabinieri è difficile avvicinarsi a quella casa, persino i bambini, figli di affiliati, hanno istruzione di guardarsi dagli ‘sbirri’ mentre giocano in strada. Emergono così i contatti tra il padrino e altri soggetti, incontri brevi ma anche vere e proprie riunioni. Passalaqua intratteneva rapporti con Giangranco Grigoli e Salvatore Sgroi, considerati il suo braccio operativo. Il primo è un muratore vicino di casa, già noto per essere stato arrestato a Montepulciano nel 97, per aver favorito la latinanza di Passalacqua. L’altro è il genero del padrino, già sorvegliato speciale, con precedenti per spaccio di stupefacenti. Emergono anche i rapporti con Vito Failla, altro favoreggiatore storico e Croce Frisella, suo nipote. Per i carabinieri, il quadro investigativo è chiaro. Calogero Passalaqua stava cercando di assumere il controllo incontrastato del territorio, grazie ai suoi uomini di fiducia.
Come accade spesso erano i commercianti a rivolgersi ai mafiosi. Il titolare di un bar del centro di Carini, dopo avere subito un furto, aveva chiesto l’intervento di Passalacqua. Si scoprì che a rubare era stato un suo dipendente. I gregari del padrino commentavano così la notizia: ” dove ti danno da mangiare e bere’ è sbagliato lo capito però’ ma è vero’ dove si mangia e si beve gli si va a rubare”. E così il dipendente infedele era stato condotto in un luogo isolato in montagna per essere giudicato secondo le regole d’onore di Cosa nostra. Dalle conversazioni intercettate emerge che gli avevano addirittura scavato la fossa per seppellirlo. Ma poi è stato lo stesso titolare del bar a salvarlo. ‘Tutti possiamo sbagliare’ disse.
In questo contesto si consuma il 27 aprile del 2009, il danneggiamento all’escavatore di Giacomo Lo Duca, gregario di Passalaqua, all’interno di un residence a Villagrazia di Carini. Si era trattato di un dissidio interno tra la famiglia del padrino e quella dei Pipitone, al quale hanno assistito i carabinieri, nato dal mancato rispetto di un patto per la spartizione di lavori tra gruppi mafiosi, in un territorio che conosce un’estesa lottizzazione e per questo consente enormi guadagni. L’incendio del mezzo è stato dunque un avvertimento per Lo Duca.
I responsabili dell’atto intimidatorio sono stati individuati dagli investigatori, Antonino Buffa, Croce Maiorana, Giuseppe Pecoraro e Antonino Pipitone. Ma in realtà anche Lo Duca ha dei sospetti, che in effetti vengono confermati. Per questo motivo, convoca Buffa e Maiorana che si impegnano a ripagare il danno, per poi fuggire dalla Sicilia e raggiungere gli Usa, in attesa che si calmino le acque ed evitare una nuova guerra di mafia.
A Carini, agli imprenditori locali è imposta l’assunzione di soggetti indicati dalla consorteria mafiosa. Sopratutto guardiani notturni, ma anche operai e impiegati. La ‘filosofia estortiva’ di Passalaqua risparmia il pagamento della messa a posto delle piccole attività commerciali e alle imprese appena avviate. L’impiego di un gregario garantisce autonomia economica agli affiliati del sodalizio e permette anche il costante monitoraggio delle attività, rafforzando il controllo del territorio, stretto in una pesante morsa criminale. Assunzioni e licenziamenti sono eseguiti a comanda secondo le indicazioni ricevute dai vertici della famiglia mafiosa.
(Teleoccidente)
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