Il Tribunale del Riesame di Roma ha recentemente confermato il divieto di conferimento dei reflui industriali al depuratore di Priolo Gargallo, in Sicilia, seguendo la decisione presa dal giudice per le indagini preliminari (gip) di Siracusa. Questo provvedimento potrebbe avere ripercussioni significative sulle industrie locali, tra cui l’ISAB di Priolo, oltre a minacciare migliaia di posti di lavoro in una zona considerata strategica per l’economia siciliana.
In base al decreto-legge 187/2022, il Governo aveva trasferito la competenza per i ricorsi sui sequestri di aziende considerate di interesse strategico nazionale, come l’ISAB, al Tribunale di Roma. Il depuratore di Priolo Gargallo, che riceve i reflui di vari operatori industriali, tra cui ISAB, Versalis, Sonatrach e Sasol, era già sottoposto a sequestro giudiziario. Con il decreto, il Governo mirava a garantire la continuità operativa, evitando l’interruzione delle attività produttive attraverso un percorso di adeguamento ambientale da completare entro 36 mesi, tempo durante il quale si è osservata una riduzione graduale dei valori emissivi.
Nonostante ciò, il gip di Siracusa ha recentemente bloccato nuovamente il conferimento dei reflui al depuratore, ignorando l’applicazione del decreto. In risposta, l’Avvocatura dello Stato ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame di Roma, il quale, anziché annullare la decisione, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione della competenza territoriale, mantenendo però il divieto stabilito dal gip. La sentenza della Corte costituzionale potrebbe tardare fino a sei mesi, lasciando un vuoto che rischia di aggravare l’impatto economico e sociale della vicenda.
Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha espresso forti preoccupazioni per la situazione, sottolineando che il blocco del depuratore potrebbe costare oltre 4.500 posti di lavoro, colpendo sia i dipendenti diretti delle industrie che l’indotto locale. “Lo stop compromette le operazioni di aziende di primaria importanza e danneggia l’economia regionale,” ha dichiarato il ministro. Inoltre, Urso ha evidenziato come questo fermo possa rallentare gli investimenti programmati per la transizione green delle attività industriali, un processo fondamentale per garantire uno sviluppo sostenibile nell’area.
Per cercare una soluzione, il ministro ha annunciato che informerà il Consiglio dei ministri e convocherà un tavolo di confronto con le forze produttive, i sindacati e gli enti locali, oltre a richiedere un aggiornamento sui dati emissivi del depuratore. In caso di ulteriori miglioramenti nei livelli di emissione, Urso intende richiedere un nuovo pronunciamento al gip, ritenendo che la situazione ambientale stia progressivamente migliorando e permettendo così una revisione del divieto.
Il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha espresso il proprio sostegno alle dichiarazioni del ministro Urso, condividendo le preoccupazioni per l’impatto della decisione sul futuro economico e industriale della regione. “Questa crisi non può essere affrontata con eccessiva rigidità procedurale,” ha affermato Schifani, che si è impegnato a fare tutto il possibile per tutelare i lavoratori e le loro famiglie.
Secondo Schifani, l’obiettivo della Regione è trovare un equilibrio tra la difesa dell’occupazione e il rispetto dei requisiti ambientali, garantendo una transizione sostenibile per l’area industriale di Priolo Gargallo. Il governatore ha confermato la disponibilità della Regione a collaborare con il governo nazionale e le altre istituzioni competenti, sottolineando l’urgenza di un approccio pragmatico che consenta di superare rapidamente questa crisi e scongiurare conseguenze irreversibili per il tessuto economico e sociale siciliano.
La questione del depuratore di Priolo Gargallo mette in evidenza la complessa sfida tra la tutela ambientale e il mantenimento dei posti di lavoro in una regione fortemente industrializzata. Mentre il governo nazionale e la Regione Siciliana ribadiscono il proprio impegno a garantire sia la protezione dell’ambiente che il diritto al lavoro, la vicenda rimane in sospeso, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale. Nel frattempo, il rischio di un blocco produttivo potrebbe rappresentare una pesante battuta d’arresto per il territorio, minacciando il delicato equilibrio tra sviluppo economico e salvaguardia ambientale.
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