Blitz antidroga, “pusher come posto di lavoro”
Il mercato della droga sgominato ieri dalla Polizia era abbastanza vasto. Da Palermo, arrivava a Mazara del Vallo, passando per Partinico. Il blitz rivela un inquietante scenario in tempi di crisi. I fermati sono infatti persone che si sono accontentate di un posto di spacciatore per arrivare alla f…
di redazione
Il mercato della droga sgominato ieri dalla Polizia era abbastanza vasto. Da Palermo, arrivava a Mazara del Vallo, passando per Partinico. Il blitz rivela un inquietante scenario in tempi di crisi. I fermati sono infatti persone che si sono accontentate di un posto di spacciatore per arrivare alla fine del mese. Nell’indagine sono coinvolti anche due persone di Partinico: Giuseppe Leto di 43 anni che è finito in carcere e Davide Leto di 20 anni a cui è stata applicata la misura dell’obbligo di soggiorno. Il capo del gruppo è considerato il palermitano Salvatore Passantino anche lui finito dietro le sbarre. Ieri mattina inoltre sono stati recuperati in un locale di Ballarò, oltre sette chili di marjiuana e hashish. Nel corso delle indagini partite del 2010 dal quartiere Capo, è stata sequestrata anche cocaina. Gli inquirenti grazie alle intercettazioni, sono riusciti a ricostruire il business degli stupefacenti In una telefonata, Giuseppe Calcagno parla della droga con Giuseppe Leto, esaltandone la qualità e dice letteralmente: ‘na bumma’. Proprio Calagno infatti, nella banda ben organizzata e ramificata nelle provincie di Palermo e Trapani, aveva il ruolo di assaggiatore.
In un altra intercettazione, Corrado Spataro avverte Sergio Macaluso di non essere riuscito a dividere la pasta, cioè la droga, ‘perché è calda calda”’. Verosimilmente il riferimento è alla cocaina nella sua forma base che, essendo troppo fresca, sarebbe difficile da suddividere in dosi. Per questo Spataro dice all’altro, di aver provveduto prendendo una padella, con la quale riscaldare la droga per farla asciugare e dividerla.
Gli spacciatori al dettaglio, spesso incensurati e disoccupati, venivano invogliati ad entrare a far parte dell’organizzazione, grazie alla possibilità di ottenere finalmente un guadagno sicuro.
In alcuni casi i proventi dello spaccio sarebbero serviti come ‘fondo cassa’ per il sostentamento della famiglie dei carcerati.