Blade Runner 2049 è un film del 2017 diretto da Denis Villeneuve. Il film è il sequel di Blade Runner, diretto nel 1982 da Ridley Scott. La sceneggiatura, scritta da Hampton Fancher e Michael Green, è basata sui personaggi del romanzo di Philip K. Dick Il cacciatore di androidi (Do Androids Dream of Electric Sheep?).
Protagonisti della pellicola sono Ryan Gosling, che interpreta il ruolo dell’agente K, e Harrison Ford, che riprende il ruolo di Rick Deckard. Fanno parte del cast anche Robin Wright, Dave Bautista, Sylvia Hoeks, Ana de Armas e Jared Leto.
Uno degli uomini più promettenti della nuova generazione, l’agente K (Ryan Gosling) della polizia locale, deve affrontare una scoperta sconvolgente che minaccia di abbattere le fondamenta stesse della società contemporanea. K si mette in cerca del famoso Deckard per condividere con lui il peso del segreto rimasto sepolto per anni, e riesce a rintracciarlo nonostante l’uomo abbia abilmente fatto perdere le sue tracce per decenni. Nel frattempo le forze nemiche sfoderano tutte le loro armi per impedire a K di rivelare la terribile verità.
Era il 1982. Philip K. Dick morì quell’anno a marzo, e Blade Runner, il film che Ridley Scott ha diretto proprio a partire da un racconto di Dick, viene presentato al mondo. Blade Runner è il film che ha aperto un nuovo capitolo nella storia del cinema di fantascienza, inventandosi quasi dal nulla l’estetica cyberpunk.
Poco importa in quale versione lo si guardi: quello del regista inglese è uno di quei capolavori cui il tempo non toglie efficacia, e ci voleva, quindi, del coraggio o incoscienza per prendersi sulle spalle l’onere di dirigerne un sequel di cui si parla e si vocifera dai primi anni Duemila.
A garantire la continuità e il rispetto del film originale, in Blade Runner 2049, non c’è solo la presenza di Scott in veste di produttore: c’è anche lo stesso sceneggiatore del film dell’ ’82 Hampton Fancher, qui coadiuvato da Michael Green, e, ovviamente, c’è la presenza del Rick Deckart originale, Harrison Ford.
La struttura narrativa non è esattamente il punto di forza di Blade Runner 2049: ma è anche l’elemento meno interessante sul quale ragionare di fronte a un film ambizioso, complesso, affascinante e perfino coraggioso.
Di Blade Runner pochi ricordano i dettagli della trama, ancor meno le personalità quasi abbozzate dei personaggi. A generare il mito furono le scenografie cyberpunk e l’atmosfera di disillusione e di pessimismo tipica del noir, innalzata qui all’ennesima potenza. Non c’è un tradizionale viaggio dell’eroe né una distinzione netta tra buoni e cattivi.
Villeneuve pare rispettoso, quasi ossequioso verso l’originale di Ridley Scott. In un sequel – che ha tutta l’aria di un remake o di un upgrade, o almeno è ciò che vuol far credere il trailer – il regista e il direttore della fotografia Roger Deakins riprendono tutto del capostipite: le cicatrici, la postura del taciturno “Blade runner” Rick Deckard, le insegne luminose di aziende che furoreggiavano negli anni 80 (come Atari, finita in bancarotta nel 2013), gli occhi verdissimi e le fascinose replicanti, programmate per piacere.
Preservare le preziose atmosfere metropolitane del Blade Runner di Scott è una priorità per Blade Runner 2049. Di qui la scelta di affidarsi nuovamente a Hampton Fancher, sceneggiatore del primo film poi sostituito da David Webb Peoples per volere di Ridley Scott.
Blade Runner 2049 è, quindi, il replicante del Blade Runner di Ridley Scott, più grande, più ampio, più muscolare, più ricco, più espanso, e quindi in questo caso più vero. Ma pur sempre un replicante, dolorosamente cosciente di questa sua inevitabile natura.
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