Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza): critica corrosiva dello star system hollywoodiano, sulla mancanza di idee e originalità, con l’ironia beffarda e autoreferenziale, di chi dentro al sistema, sa già di essere tra i grandi.
Dopo il capolavoro di 21 grammi e il fiasco di Biutiful, Inarritu azzarda e scuote critica e pubblico, ponendo al centro l’uomo, con i suoi tormenti e le sofferenze, dal backstage al camerino, fino al teatro e alla nuda rappresentazione del sè, in una sottile compenetrazione beckettiana di generi e di toni, che oscillano dal drammatico al faceto, dal cinema al teatro. Ma è una pièce che non colpisce e irride solamente l’egocentrismo dell’uomo e la sua sete di popolarità. Con quel monologo magistrale di Emma Stone, che da solo vale la nomination all’Oscar, Inarritu mette in scena sapientemente lo scontro tutto generazionale tra chi ritiene che per esistere e comunicare occorre visualizzare e linkare le pagine dei social network e chi invece ne ignora i processi virali.
Birdman, d’altro canto, è davvero l’uomo uccello – impersonato dall’ex batman Michael Keaton, abituato con il successo di quella maschera a volare aldilà dei problemi terreni – che si ritrova adesso, solo con se stesso, a dover lottare a Broadway, con i suoi tormenti interiori, nel palcoscenico più difficile: la vita.
Keaton-Riggan, la vera rivelazione del film, dilaniato dalla sua coscienza, è un personaggio il cui sangue scorre letteralmente nelle vene. Il suo animo terreno arde e brucia di aspirazioni. Impegnato donchisciottamente nella lotta impari con se stesso e contro gli altri è insieme eroe e anti-eroe del cinema moderno.
Con un Edward Norton travolgente e con una Naomi Watts sempre pronta, Inarritu, ci pone di fronte alla domanda del secolo: quanto costa e può costare la popolarità con l’essere se stessi?
La risposta rimane insoluta anche nel finale inaspettato.
Birdman non intrattiene, non è una commedia leggera o un film spassoso da guardare tutti insieme in famiglia, ma il regista messicano, da 21 Grammi in poi, ci aveva già avvisati – con le sue inquadrature da dentro la cinepresa, e i suoi colpi di scena continui, a scandagliare le fragilità dell’uomo – fornedoci la chiave: il cinema, in fondo, non è solo fiction o effetti speciali, ma anche nuda sofferenza e arduo tentativo di dire il vero. Ed è questa, nei like e dislike dell’era virtuale, la più grande lezione di Birdman, fresco vincitore di Oscar.
Perchè vederlo: cast, recitazione allo stato puro, colpi di scena.
Perchè non vederlo: musiche, ridondanza di alcune scene, finale.