Bilancio provvisorio: le poco rassicuranti rassicurazioni di Baccei

Per l’Assessore al Bilancio della Regione Siciliana Alessandro Baccei, la contestazione della Ragioneria dello Stato sul bilancio provvisorio approvato a gennaio dall’ARS è frutto solo di un “equivoco” nella lettura delle carte.
A Roma le poste in bilancio che riguardavano la copertura delle spese per il pagamento di precari e forestali fino ad aprile “erano state interpretate come relative a tutto l’anno. In quel caso non ci sarebbe stata davvero copertura” ha dichiarato l’Assessore ai colleghi del Giornale di Sicilia.
Quindi, secondo la versione minimalista dell’Assessore inviato da Renzi e Del Rio a mettere a posto i conti della Sicilia, i tecnici romani avrebbero visto la cifra inserita globalmente in bilancio e l’avrebbero ritenuta insufficiente perché non sapevano che, con quei soldi, Baccei voleva pagare solo quattro mesi e non tutto l’anno.
Senza la pretesa di dare lezioni ad alcuno, osserviamo che in un bilancio annuale, definitivo o provvisorio che sia, le poste in entrata e in uscita vanno sempre calcolate, come sarebbe ovvio, su base annuale: è vero che ci possono essere spese che si fanno solo in particolari mesi per tipologia o scadenze, ma il bilancio deve riportare comunque la somma di tutte queste spese.
Andando alla vicenda dei precari e dei forestali, il governo avrebbe potuto inserire in bilancio la copertura per quattro mesi, soltanto nell’ipotesi in cui i relativi contratti scadessero ad aprile e quindi l’amministrazione non avesse l’obbligo giuridico di farsi carico degli ulteriori pagamenti per i mesi successivi.
Se invece, come noi riteniamo, la Regione ha già contrattualmente assunto l’obbligazione per tutto l’anno, doveva reperire le risorse a copertura dell’intero periodo e poi procedere al pagamento dei quattro mesi previsti dall’esercizio provvisorio.
Ne consegue che la legge di bilancio resta a forte rischio di impugnabilità, ma poiché la Ragioneria dello Stato ha solo il compito di individuare e segnalare le eventuali anomalie, mentre la decisione di impugnare la legge spetta al Consiglio dei Ministri, la palla passa a Matteo Renzi che, nella seduta di domani, dovrà decidere se “staccare la spina” a Crocetta, la cui inadeguatezza è ormai chiara dalle Alpi a Lampedusa, o se continuare a tenerlo sulla graticola, manovrandolo con il telecomando. Una cosa, infatti, è certa: col buco multimiliardario nei conti regionali, per chiudere il bilancio definitivo c’è bisogno che Roma apra i cordoni della borsa.
Anche perché Crocetta ha rinunciato all’unica arma che gli avrebbe consentito un minimo di capacità contrattuale: il contenzioso da circa 4 miliardi con lo Stato, su cui la Regione poteva ragionevolmente contare alla luce delle recenti sentenze della Corte Costituzionale sull’applicabilità dello Statuto.
La conclusione, quindi, nonostante le poco rassicuranti rassicurazioni di Baccei, è la stessa di ieri: Crocetta si trova legato mani e piedi, con il collo sotto la scure di Matteo I da Firenze.