Cronaca

Beni confiscati alla mafia, il report dei dati in Sicilia

I comuni siciliani “rimandati” sul livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi: su 207 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati sono 120 i comuni che non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Ciò significa che ben il 58% dei comuni è totalmente inadempiente. E di questi, la maggior parte lo fa in maniera parziale e non pienamente rispondente alle indicazioni normative. Oltre la sufficienza la performance del Comune di Palermo.

A livello nazionale i comuni italiani vengono “rimandati” sul livello di trasparenza della ‘filiera” della confisca dei beni mafiosi: su 1076 comuni monitorati destinatari di beni immobili confiscati 670 non pubblicano l’elenco sul loro sito internet. Il primato negativo in termini assoluti spetta ai comuni del Sud Italia compreso le isole con ben 392 comuni che non pubblicano elenco, segue il Nord Italia con 213 comuni e il Centro con 65 comuni che non pubblicano dati.

Libera presenta “RimanDATI” il primo Report nazionale sullo stato della trasparenza dei beni confiscati nelle amministrazioni locali, promosso in collaborazione con il  Gruppo Abele e il  Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, primo appuntamento di una serie di iniziative in occasione  dell’anniversario dei venticinque anni dall’approvazione della Legge 109/96.

La base di partenza del lavoro di monitoraggio – spiega Libera– coincide con il totale dei comuni italiani al cui patrimonio indisponibile sono stati “destinati” i beni immobili confiscati alle mafie per finalità istituzionali o per scopi sociali. Il primo dato ricavato dal lavoro di monitoraggio è quello più immediato e risponde alla semplice domanda: quanti comuni italiani destinatari di beni immobili confiscati pubblicano l’elenco sul loro sito internet, così come previsto dalla legge? La Sicilia con i suoi 120 comuni destinatari di beni confiscati che non pubblicano elenco e informazioni con un percentuale pari al 58%, risulta tra le regioni poco “virtuose”.

“Il report – commenta Davide Pati, vicepresidente nazionale di Libera- analizza l’operato dei comuni e ad essi si rivolge: sono loro gli enti più prossimi al territorio e il primo fronte per l’esercizio della cittadinanza; potenziare le loro effettive capacità di restituzione alla collettività del patrimonio sottratto alla criminalità non va inteso solo come l’adempimento di un onere amministrativo, ma come un’opportunità di “buon governo” del territorio. Quando riconsegnati alle autonomie locali, i beni confiscati alle mafie rappresentano una questione eminentemente politica e per deciderne efficacemente il destino occorre favorire forme innovative di organizzazione sociale, economica e istituzionale ispirate ai principi della pubblica utilità e del bene comune.  Se questo è vero, ne discende che la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati, delle notizie e delle informazioni sui patrimoni confiscati non possono che essere a loro volta considerati elementi di primaria importanza”.

“Ecco – conclude Davide Pati – perché insistiamo nel ritenere che la trasparenza, anche in questo ambito, debba e possa essere considerata anch’essa un bene comune, in ciò confortati dalle previsioni normative del Codice Antimafia, che impongono agli Enti Locali di mettere a disposizione di tutte e di tutti i dati sui beni confiscati trasferiti al loro patrimonio, pubblicandoli in un apposito e specifico elenco. Una previsione ulteriormente rafforzata dalla legge di riforma del Codice, che, nel 2017, ha introdotto la responsabilità dirigenziale in capo ai comuni inadempienti”.

La ricerca analizza nello specifico le modalità di pubblicazione degli elenchi e informazioni sul bene anche su scala regionale. Sui 406 comuni italiani che hanno pubblicato l’elenco abbiamo costruito un ranking mediato nazionale: su una scala da 0 a 100 la media  è pari a 49.11 punti. La fotografia regionale della Sicilia presenta un ranking pari a 47.1 punti e dunque sotto la media nazionale.

Per mettere in luce la potenzialità di questi dati e le azioni di cittadinanza attiva è stato realizzato un focus su  alcuni capoluoghi di regione: ottime le performance di  Milano (90.43), Genova (80.87), Roma(80.87) e Napoli(76.52). Oltre la sufficienza Reggio Calabria(65.22) e Palermo (61.72). In particolare per quanto riguarda Palermo nella pagina dedicata al patrimonio immobiliare è possibile scaricare alcuni aggiornamenti dell’elenco, a partire dal 2017. Il documento PDF ricercabile riporta le indicazioni sui soggetti gestori degli immobili, compresa la scadenza del comodato d’uso. Palermo è stata una delle prime città in Italia ad applicare la norma che prevede la possibilità di destinare gli immobili confiscati alla residenzialità popolare e all’emergenza abitativa; una modalità di riutilizzo pubblico oggi applicata anche in altri comuni, che rende i beni confiscati strumenti di applicazione del diritto alla casa. La rete associativa cittadina ha avviato un confronto sul Regolamento comunale per la gestione e la destinazione dei beni confiscati, per fare in modo che possano diventare ancora di più un’opportunità di sviluppo per la città.

Quando parliamo di trasparenza delle informazioni sui beni confiscati da parte degli Enti Locali- conclude Libera – dobbiamo necessariamente prendere atto di come ci sia ancora tanto lavoro da fare per raggiungere un quadro almeno di sufficienza e avere a disposizione dati soddisfacenti, sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo Ecco perché abbiamo detto “rimanDATI”. L’esito di questo “esame” cui abbiamo sottoposto i comuni ci impone di fare come per gli studenti e le studentesse che non riescono a superare a pieni voti l’anno scolastico e che, per questo, vengono “rimandati a settembre”. Il nostro esame di riparazione dovrà avere i tempi e i modi di un’azione civica che induca i comuni a conformarsi pienamente a quanto impone loro la legge. Il nostro non vuole essere un giudizio tranchant, una bocciatura perentoria.  Al contrario, noi chiediamo dati pubblici e di qualità perché siamo convinti che essi ci permettano di prenderci cura di un bene comune oltre la logica del mero accesso civico, in un clima positivo e costruttivo di cooperazione con le amministrazioni.  Conosciamo bene del resto la complessità della materia e le difficoltà che gli Enti Locali sono costretti ad affrontare quotidianamente, sia in termini di carichi di lavoro che di risorse umane e di competenze a disposizione. Ma siamo convinti che, insieme, si possano e si debbano trovare le soluzioni utili a garantire la trasparenza.  Con lo stesso spirito di costruzione e cooperazione, avanziamo alcune proposte politiche che, a partire dal miglioramento delle condizioni e dei livelli di trasparenza dei comuni, incidano sulla possibilità di rendere sempre più i beni confiscati, attraverso il loro riutilizzo sociale, palestre di vita e beni comuni.

Proponiamo all’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata un documento di indirizzo da inviare a tutti gli enti destinatari di beni confiscati con un vademecum dettagliato sulle modalità di pubblicazione e sui contenuti degli elenchi da pubblicare, anche fornendo un modello comune in grado di uniformare sul piano nazionale la pubblicazione.

Proponiamo che l’attuazione dei principi della trasparenza diventi pratica condivisa non solo per le amministrazioni comunali, ma anche e soprattutto per tutte le amministrazioni pubbliche che, a vario titolo, si intrecciano con la storia del bene.

Riteniamo importante che sia garantito un maggiore coordinamento e scambio lungo tutta la filiera istituzionale del bene confiscato, che consenta poi una risoluzione veloce delle criticità e una trasparenza del dato.

Auspichiamo che le Politiche di coesione e i fondi a esse correlati possano diventare sempre di più  uno strumento di emancipazione e di sviluppo per le comunità.

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Redazione

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