Incontro evento, alle ore 17,00 di venerdì 8 settembre alla Feltrinelli di Palermo con Barbara Balzerani per presentare il suo libro “Lettera a mio padre” (DeriveApprodi, 2020).
Barbara Balzerani è una figura centrale nella storia della sinistra italiana del secondo ‘900 ma anche una scrittrice di grandi capacità letterarie e poetiche. “Lettera a mio Padre” è un viaggio personale ma non solo, è una lettera al padre, ma non solo. Sullo sfondo di questo dialogo immaginario c’è infatti la recente storia italiana.
La “lettera”, inoltre, leggendo il libro, si scoprirà, è destinata a tutti noi. A quanti sono rimasti a casa o, semplicemente, hanno preferito non sapere.
La figlia più amata, quando incontra il padre nella sala colloqui del carcere, deve accettare una separazione irrimediabile da lui che le esprime tutto il suo rimorso per non averla fermata. Ma la verità è un’altra. Lei aveva ascoltato per anni il padre, aveva assorbito tutto e registrato ogni cosa, come fa chi è perdutamente innamorata di qualcuno ed è attenta ad ogni dettaglio, che crede ciecamente alle promesse che l’altro le fa. Barbara non vuole deluderlo mai, nemmeno quando lui le chiede di mangiare tutto e lei fa finta di accontentarlo ma poi corre a nascondere il cibo che proprio non riesce a inghiottire.
“Il primo amore non si dimentica mai, almeno fino a quello successivo”. E poco importava a lei se le promesse di grandi viaggi si riducessero a uscite di pochi chilometri, se le fantastiche vacanze fossero solo brevi spostamenti in direzione del solito mare, se la serata a teatro, “lei sola con il padre come i signori”, non ci sarebbe mai stata.
Ma come sempre accade quando si ama qualcuno profondamente, un giorno un dettaglio rompe l’incantesimo.
“Seduto su una vecchia seggiola impagliata. Guardavi l’andirivieni delle macchine…” La ragazza scopre, infine, che quelle promesse non saranno mai realizzate, non perché il padre non volesse o non fosse sincero, ma perché non poteva. La distanza tra il sogno e la realtà è per il padre di Barbara una distanza che ha dovuto amaramente accettare anche se lui ha continuato ostinatamente a sognare affidando alla figlia i suoi desideri. E lei era l’unica che gli consentiva queste escursioni, queste brevi evasioni. Non avrebbe potuto farlo con la madre di Barbara che “non dava mai le spalle al mare”, che era fermamente nella realtà, che era senza più illusioni ma anche con la tenacia e la solidarietà di chi non abbandona mai nessuno.
Così, quando quella ragazza diventa una donna e il padre continua a rivendicare la sua diversità dagli operai della fabbrica costretti ad essere uniformati e assimilati e, quando, orgogliosamente, si ostina a difendere la sua libertà, Barbara capisce che si tratta di una libertà illusoria e irrisoria. Troppo poco e troppo triste.
È questo il punto di separazione tra Barbara e il padre ma questo è anche il punto di massima condivisione. Lei non è disposta ad accettare questa condizione di impotenza, questa separazione drammatica tra sogno e realtà, e non perché pensa di tradire le aspettative del padre, al contrario, per riscattarlo, proprio perché ha finalmente capito perché suo padre fosse costretto a non poter mantenere le promesse a quella ragazzina. Lei aveva sentito il suo dolore, lo aveva assimilato fino in fondo e tutto questo lo considerava profondamente ingiusto.
“Quel lunedì sono partita” ricorda Barbara Balzerani. E il viaggio verso Roma dalla periferia grigia e povera è per lei una rinascita. La città, con le sue luci e la sua vitalità, è la possibilità accecante di esistere, le fornisce il palcoscenico per una opportunità di riscatto, per essere una protagonista della storia.
Ma, di nuovo, il viaggio di Barbara non è solo il suo, è il viaggio di una intera generazione “senza fissa dimora”, una generazione di confine tra un mondo in bianco e nero che stava morendo e un mondo nuovo, a colori, che nasceva, con speranze di libertà, di rivendicazioni per i diritti negati, di aspirazioni per una giustizia per tutti.
Un libro importante, soprattutto per quella generazione, per il sud e per la sinistra. Un libro di denuncia contro l’esclusione, contro un modello industriale che ha significato un falso sviluppo, una forzata emigrazione di massa, l’alienazione fordista, la distruzione dell’ambiente, la perdita di identità, la nascita di periferie come discariche sociali ma, soprattutto, che ha significato sottosviluppo, precarietà e illegalità per il sud.
Una storia che racconta la fine del mondo rurale e le conseguenze di quello industriale che noi meridionali, che i siciliani, conoscono fin troppo bene. Perché tutto è iniziato qui, a Portella della Ginestra, a Melissa, dove il movimento contadino più forte d’Europa fu spazzato via dalla storia e quando la sinistra fu ricacciata indietro, all’opposizione, per sempre.
Si potrà evitare in Sicilia il confronto che Barbara Balzerani ci propone sulla fine Novecento e l’inizio del terzo millennio?
Barbara Balzerani, laureata in Filosofia, nei primi anni ‘70 ha militato in Potere Operaio, poi nelle Brigate Rosse. Al termine di una lunga latitanza, è stata arrestata e ha scontato 25 anni di carcere. Ha pubblicato per DeriveApprodi: “Perché io, perché non tu” (2009), “Cronaca di un’attesa” (2011), “Compagna Luna” (2013), “Lascia che il mare entri” (2014), “La sirena delle cinque” (2015), “L’ho sempre saputo” (2017), “Lettera a mio padre” (2020), Respiro (2023). Vive e lavora a Roma.
Victor Matteucci – Mediter Italia
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