Bambini uccisi dalla mafia. Non se ne parla, non si conoscono le loro storie e se non ci fosse chi porta in giro i loro volti innocenti sarebbero già stati dimenticati.
Quella di Graziella e Antonio Domino è una battaglia che dura ormai da 33 anni quando il loro bambino, Claudio di appena 11 anni, venne ucciso con un colpo di pistola alla testa nel quartiere San Lorenzo a Palermo.
Loro aspettano ancora giustizia, credono ancora nel lavoro della magistratura e sperano che un giorno si possa far luce sull’omicidio del figlio. Una morte spietata e assurda quella di Claudio che aveva forse la colpa di aver visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere, in un periodo in cui la mafia non risparmiava nessuno, neanche i bambini.
“Dopo 33 anni Claudio non ha ancora nè giustizia nè verità – spiega mamma Graziella – tutto potrebbe essere ricondotto ad un duplice omicidio che si era consumato nel quartiere qualche giorno prima o uno scambio di droga, qualcosa di cui il bambino era stato testimone. Oppure all’appalto che avevamo vinto presso l’aula bunker di Palermo dove in quegli anni si svolgeva il maxiprocesso”.
I genitori di Claudio sono impegnati a far conoscere agli studenti delle scuole le storie dei bimbi vittime di mafia, perchè loro figlio non è la sola vittima.
Ad oggi si contano 125 bambini in Italia vittime in un modo o in un altro di agguati mafiosi, 109 dei quali riconosciuti ufficialmente dallo Stato.
Mamma Graziella negli anni ne ha raccolto foto, e storie e le porta in giro per le scuole perché nessuno di questi bimbi sia mai dimenticato.
“Quando vado nelle scuole leggiamo ogni volta le storie di alcuni di questi bimbi perché gli studenti devono conoscere ognuno di loro, non ci sono bambini di serie A e di serie B, dobbiamo dare speranza ai nostri ragazzi, la speranza che il cambiamento sia possibile e che tutto questo non debba più succedere”.
E nonostante il dolore per la morte di Claudio mamma Graziella spiega che “Ai ragazzi voglio far vedere che nonostante quello che abbiamo passato c’è una Palermo che vuole speranza e riscatto e che vuole cambiare. Nessun ragazzo si deve più vergognare di dire di essere siciliano, voglio portare un messaggio di speranza e riscatto” conclude.
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