Autoerotismo in treno: quando la realtà supera la fantasia
Il Tribunale di Messina considera Andrea responsabile del reato di violenza privata ex art. 610 del codice penale (pena prevista pari a mesi 8 di reclusione), in quanto avrebbe costretto Valentina ad assistere ad atti di masturbazione – atti da lui compiuti a bordo di un vagone ferroviario -, ingenerando così nella donna uno stato di terrore tale da impedire alla stessa di allontanarsi.
Secondo la Corte di Appello di Messina, l’assenza di atti di violenza o minaccia esclude, invece, la ricorrenza del delitto di violenza privata: pertanto, il fatto integra il reato di molestia o disturbo alle persone ex art. 660 del codice penale (pena prevista pari a mesi 4 di arresto).
Andrea propone ricorso.
Secondo i Giudici della Corte di Cassazione, la Corte di Appello ha:
i) correttamente ritenuto che le particolari caratteristiche del fatto fossero tali da recare molestia e animate da un motivo biasimevole, posto che “la scelta di compiere l’atto con ‘quelle’ modalità era, in tutta evidenza, ‘tesa ad imporne la visione ad una persona, così interferendo nella libertà e serenità della medesima”;
ii) motivato “in modo del tutto apodittico (e senza indicare le operazioni determinative correlate al rito) le proprie scelte in tema di entità della pena – in misura prossima al massimo edittale – e non ha esaminato in alcun modo le richieste in tema di applicazione delle circostanze attenuanti generiche e della sospensione condizionale”.
Pertanto, gli Ermellini annullano la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio e alla sospensione condizionale della pena e rinviano per nuovo giudizio su detti punti alla Corte di Appello di Reggio Calabria, rigettando nel resto il ricorso.
Sentenza n. 15615 del 21.5.2020 della Prima Sezione Penale della Corte di Cassazione.