E’ dura trent’anni la vicenda processuale dell’ex ministro Calogero Mannino, arrestato, processato e ora assolto. Ieri è arrivata la parola fine: la sesta sezione della Corte di Cassazione ha confermato l’assoluzione emessa dalla corte di appello di Palermo nei confronti dell’imputato, ritenendo inammissibile il ricorso avanzato dalla procura generale. Anche la pubblica accusa della suprema corte si era pronunciata per questa soluzione, il ricorso dei pm di secondo grado non andava accolto. Il reato ipotizzato era di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato.
“E’ la testimonianza – afferma Maricetta Tirrito, portavoce del Cogi (Comitato collaboratori di Giustizia) – di quanto alcuni pentiti non erano al servizio dello Stato ma dei boss di Cosa Nostra; il loro utilizzo distorto era teso all’eliminazione di quei soggetti che non favorivano la mafia bensì la ostacolavano. Un danno non solo per la credibilità del sistema inquirente, ma anche per quello dei collaboratori di Giustizia che, al contrario, nel tempo ha dimostrato tutta la sua efficacia nella lotta al crimine. La storia di Mannino fa parte di quella stagione di depistaggi che non vorremmo più vedere”.
Ex ministro dal 1981 al ’90 nei governi Spadolini, Fanfani, Andreotti, Goria e De Mita, Mannino diventò bersaglio nel 1991 di un procedimento per presunti rapporti con mafiosi sulla base delle dichiarazioni del pentito Rosario Spatola. Formalmente indagato nel ’94, con l’accusa di voto di scambio, iniziò un iter processuale finito solo adesso, con la totale assoluzione.
“La sua storia è dunque lunga e complessa: ma 29 anni per essere totalmente riabilitato sono troppi. La Giustizia – conclude Tirrito -, intesa sia come ordine giudiziario sia come concetto filosofico, non può permettersi questi tempi, bensì essere più veloce, Per essere più ‘vera’, credibile ed efficace”.
Mannino ha conosciuto il carcere e un anno lo trascorse al 41 bis tra Rebibbia e l’Ucciardone, un altro anno ai domiciliari, accusato di concorso esterno.
Dopo la sentenza Mannino ha dichiarato: “Ora mi godrò i miei nipoti e la mia famiglia. E farò quello che ho sempre fatto. Leggerò libri e ascolterò musica – afferma Mannino -. È stata un’esperienza molto dura, soprattutto il carcere, ma anche i domiciliari, che si supera solo con la forza che deriva dalla certezza di essere nel giusto, dai familiari e dalla fede”.
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