I Finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un provvedimento di sequestro di somme pari a circa tre milioni di euro, nei confronti di 5 persone, ritenuti appartenenti, secondo ipotesi d’accusa, ad una articolata associazione per delinquere a carattere transnazionale, dedita a reiterate operazioni di abusivismo finanziario.
Il provvedimento cautelare, emesso dal G.I.P. del Tribunale di Barcellona P.G., su richiesta della locale Procura della Repubblica, interviene nella fase delle indagini preliminari ed è basato su imputazioni provvisorie, che dovranno comunque trovare riscontro in dibattimento e nei successivi gradi di giudizio, nel rispetto, pertanto, della presunzione di innocenza che l’art. 27 della Costituzione garantisce ai cittadini fino a sentenza definitiva.
Nel dettaglio, attraverso un articolato schema societario – costituito da holding aventi sede presso la Repubblica Ceca, il Regno Unito, il Portogallo e le Isole Comore – e per il tramite di soggetti residenti sia in territorio estero che nazionale, è stato documentato come il gruppo indagato avesse effettuato, nel tempo, l’illecita raccolta di risparmi, principalmente in provincia di Messina, ma anche a Trapani, Bari e Reggio Calabria, del valore di circa 5.000.000 di euro.
Più in particolare, ai numerosi clienti, molti residenti nella fascia tirrenica della provincia peloritana, venivano proposti interessanti investimenti all’estero (presentati sotto forma di piani di accumulo, finanziamenti, prestito, ecc.), con percentuali di guadagno che potevano arrivare sino al 10% mensile.
Gli investitori, peraltro, a loro volta, risultavano anche aver omesso di presentare all’Amministrazione Finanziaria le previste dichiarazioni sul monitoraggio fiscale, circa la detenzione di capitali all’estero, evitando l’applicazione dell’imposta sugli interessi percepiti, normalmente assolta dagli intermediari autorizzati. Nel caso documentato, infatti, mancando a priori l’apposita autorizzazione delle Autorità di Vigilanza, le società estere destinatarie degli investimenti hanno operato completamente “in nero”, senza il rispetto degli obblighi tributari di sostituto d’imposta rispetto alle singole persone fisiche.
A tal proposito, si acquisiva alle indagini come la complessa struttura risultasse agevolata dalla circostanza come alcuni membri del sodalizio oggetto di indagini avessero già svolto, in passato, a livello locale, proprio l’attività professionale di consulente finanziario, così potendo disporre di una vasta clientela alla quale proporre i redditizi investimenti: allettati dai facili guadagni, quindi, i risparmiatori affidavano ai conosciuti referenti somme variabili da un minimo di 30.000 Euro fino ad arrivare a punte di 500.000 Euro, anche in un’unica soluzione.
Nessuna delle società sui cui conti correnti esteri confluivano le somme così raccolte, tuttavia, risultava in regola con le previste autorizzazioni per promuovere la raccolta del risparmio, ovvero per lo svolgimento di attività finanziarie e, parimenti, nessuno degli indagati risultava autorizzato ad agire quale promotore finanziario.
In sintesi, all’esito delle complesse indagini svolte, consistite in intercettazioni telefoniche, acquisizioni documentali, perquisizioni, numerosissimi accertamenti bancari, anche in territorio estero, il competente G.I.P. del Tribunale di Barcellona P.G., ricorrendo i gravi indizi dei reati ipotizzati, in merito alle operazioni di finanziamento ed investimento promosse dagli indagati, ha disposto il sequestro della somma pari a € 2.863.891,70, corrispondente al provento del reato complessivamente percepito dagli indagati, quale compenso del contributo apportato al gruppo societario.
L’esistenza di un convergente quadro indiziario, peraltro, ha già ricevuto un primo vaglio positivo, all’esito delle istanze di dissequestro presentate dai destinatari del provvedimento cautelare reale, tutte rigettate dal Tribunale del Riesame di Messina il quale, nel confermare le argomentazioni già espresse dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, ha sottolineato come “gli indagati abbiano effettivamente posto in essere, in concorso, un’attività di intermediazione finanziaria finalizzata alla gestione del risparmio altrui, attraverso conti di società estere, senza essere a ciò abilitati tramite l’iscrizione all’apposito albo”.
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