Assegno di mantenimento, cambia tutto: lo versa anche chi non ha figli minorenni a carico | Non c’è modo di non pagare
Scopri come la Corte di Cassazione ha ridefinito il diritto all’assegno di mantenimento.
In sede di separazione, il giudice, su richiesta del coniuge economicamente più debole, stabilisce un assegno di mantenimento; può essere fissato anche un contributo a favore della prole. L’assegno di mantenimento è un importo forfettizzato, stabilito in sede di separazione, la cui funzione si sostanzia nel fornire al coniuge economicamente più debole, sprovvisto di redditi propri, un sostegno.
Nella maggior parte dei casi, l’assegno viene previsto a favore della moglie che non lavora o il cui reddito è significativamente inferiore a quello del marito. L’attribuzione dell’assegno avviene su istanza di parte e non può essere fissato d’ufficio dal giudice. Viceversa, il giudice può adottare, senza previa richiesta, i provvedimenti a tutela degli interessi materiali e morali della prole, compresa l’attribuzione del contributo al mantenimento.
Spesso è difficile comprendere il ruolo delle parti a causa del linguaggio giuridico impiegato. Facciamo chiarezza: la parte obbligata alla corresponsione dell’assegno viene definita coniuge obbligato o onerato, la parte che riceve l’assegno viene definita coniuge beneficiario o avente diritto.
L’assegno di mantenimento ha una funzione: assistenziale, si tratta di un sostegno economico successivo alla cessazione della convivenza ma in continuità con essa; perequativa, ossia equilibratrice, finalizzata non già alla ricostituzione del tenore di vita esistente durante il rapporto, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dal coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dei coniugi stessi.
Le novità dalla Corte di Cassazione
Un padre ha richiesto la revoca dell’assegno di mantenimento per le sue figlie maggiorenni, trasferite a Milano per motivi di studio e lavoro. Sosteneva che avessero raggiunto una maggiore indipendenza economica grazie a lavori a tempo determinato. In primo grado, il tribunale ha respinto la richiesta, affermando che le figlie necessitavano ancora del sostegno economico paterno per completare gli studi e costruire una carriera stabile.
In appello, il padre ha ottenuto una sentenza favorevole: la corte ha interrotto i pagamenti, ritenendo che le figlie avessero acquisito sufficiente indipendenza economica, nonostante la temporaneità dei loro impieghi. La madre ha però ricorso alla Corte di Cassazione, che ha ribaltato la sentenza di appello con l’ordinanza n. 30179/2024, riconfermando il diritto delle figlie all’assegno, dato che non avevano raggiunto l’autosufficienza economica.
Importanti implicazioni
La Cassazione ha citato precedenti rilevanti, tra cui le sentenze n. 5088/2018 e n. 12952/2016, che ribadiscono l’importanza di valutare la necessità economica dei figli e il loro impegno nell’acquisire autonomia. Ha sottolineato che il trasferimento per studio o lavoro non preclude automaticamente il diritto al mantenimento.
Questa decisione ha importanti implicazioni, garantendo il sostegno economico ai figli maggiorenni non autosufficienti e promuovendo un approccio giudiziale personalizzato, basato sulle circostanze individuali di ciascun caso.