Rinnovate le borse lavoro per 18 utenti facilitatori sociali nell’ambito del Progetto obiettivo di PSN (Piano di salute nazionale) per la tutela della salute mentale in età adulta-disturbi gravi persistenti e complessi.
Il progetto, avviato all’Asp di Catania nel mese di settembre 2016 e finanziato dalla Regione Siciliana, rappresenta un esempio unico nell’Italia centrale e meridionale, in sintonia con le migliori esperienze nazionali e internazionali (Regno Unito, Nuova Zelanda, Australia, Norvegia, Finlandia, Svezia) dove le azioni progettuali attivate sono ormai prassi consolidate e messe a sistema. Sono stati coinvolti 24 utenti facilitatori sociali, assegnati ai moduli DSM delle quattro aree territoriali di Catania, Caltagirone-Palagonia, Acireale-Giarre, Adrano-Paternò, e tecnici della riabilitazione psichiatrica, tutor d’inclusione sociale e lavorativa, con l’obiettivo di promuovere sul territorio modelli di inclusione sociale e lavorativa, e di recovery per utenti adulti con disabilità psichica.
Ieri, nei locali della Direzione generale dell’Asp di Catania, il manager Maurizio Lanza ha voluto incontrare una rappresentanza dei facilitatori sociali all’inizio del loro nuovo anno di lavoro.
«Questo progetto porta con sé numerosi valori positivi di promozione umana e di miglioramento organizzativo – ha detto il manager Lanza -. Sotto il profilo personale ciascun facilitatore sociale racconta una storia di cambiamento e di speranza, avendo trasformato, nella loro vita, un elemento di criticità in un punto di forza; sotto l’aspetto organizzativo vengono anticipate molte intuizioni di sistema per il rafforzamento dei servizi e per la valorizzazione di competenze maturate sul campo. Un esempio concreto di come sia possibile superare il pregiudizio e lo stigma che spesso accompagnano il disagio e la malattia mentale».
Intervenuti all’incontro, il direttore del DSM, Carmelo Florio; il coordinatore del progetto, Raffaele Barone, il coordinatore del Centro Sils (Servizio per l’inclusione socio-lavorativa), Maurizio Cirignotta. Presenti, in rappresentanza dei facilitatori sociali, Carmelo Battiato, Rina Graziano, Sebastiano Lemoli e Christian Patanè.
«L’esperienza maturata attraverso il lavoro dei facilitatori sociali ci dice non tanto che c’è un’altra psichiatria, ma che c’è un modo diverso di avvicinarsi a questo mondo – ha aggiunto Florio -. E credo che tutto ciò sia un vanto per il nostro Dipartimento di Salute mentale che vuole essere inclusivo e proattivo, valorizzando le risorse e le abilità dell’utenza».
Le azioni progettuali, numerose e articolate, sono state realizzate su tutto il territorio provinciale, formando e valorizzando la figura dell’esperto per esperienza, ovvero il facilitatore sociale.
«La figura del facilitatore sociale – ha spiegato Barone -, in quanto esperto per esperienza, ha sviluppato una grande sensibilità e capacità di empatia nel rapporto con gli utenti in carico ai Servizi di salute mentale. Il loro ruolo è prezioso in quanto indica una strada positiva a chi arriva ai servizi, e cioè che dalla malattia mentale grave è possibile attivare un percorso di guarigione».
Il facilitatore sociale, insieme all’approccio open dialogue per affrontare l’esordio delle patologie psichiatriche e ridurre i ricoveri ospedalieri, rappresentano due innovazioni positive e importanti introdotte attraverso le misure progettuali, per dare fiducia e speranza ai pazienti e alle famiglie. Ogni intervento ha posto al centro i bisogni riabilitativi e di inclusione sociale dell’utenza: dalla formazione e dall’orientamento lavorativo, alla riabilitazione e alla residenzialità. Sono stati, inoltre, realizzati diversi appuntamenti formativi per gli operatori del DSM, degli enti locali e del privato sociale, nonché per i familiari degli utenti.
Nelle parole dei facilitatori sociali intervenuti per l’occasione, la descrizione sorridente di un mondo che è cambiato.
«Questa esperienza mi ha aiutato a diventare un altro – ha raccontato Sebastiano Lemoli -. Sono più responsabile, mi sono sposato, ho una figlia e lavoro. Possiamo definire il facilitatore sociale come il testimone di una storia di rinascita: dalla sofferenza, alla vita normale. Parte di questa rinascita è anche l’aiuto agli altri, affinché siano protagonisti della loro vita, autonomi, sicuri e intraprendenti».
«Un facilitatore sociale non nasce dall’oggi al domani – ha aggiunto Rina Graziano -, ma in genere ha una storia di sofferenza che ha superato con l’aiuto dei Servizi e soprattutto con l’ingresso in un percorso di guarigione. Dalla sua esperienza, il facilitatore trae tutto quello che di buono può trasmettere ad altri. È una risorsa di speranza! Gli utenti si fidano di noi, li incoraggiamo a prendere la loro vita nelle loro mani, nel loro cuore e a conviverci serenamente. Diventiamo per loro uno specchio nel quale guardare quello che sono oggi e che potranno diventare domani. Possiamo aprire tutte le porte che sono state chiuse davanti a noi. Possiamo uscire e riuscire».
Il progetto ha sviluppato, inoltre, pratiche virtuose di sistema, attraverso protocolli specifici, linee guida, procedure operative e metodologie di intervento condivise.
Fra i risultati conseguiti la creazione di una rete sociale e di integrazione istituzionale, la realizzazione di un Centro per l’inclusione socio-lavorativa, l’attivazione dei budget salute, la formazione degli operatori alla metodologia dell’open dialogue, la creazione di gruppi multifamiliari sul territorio, oltre che di numerosi laboratori occupazionali e socio-riabilitativi.
Pubblicata anche, per i tipi di Franco Angeli, una ricerca scientifica dal titolo “Benessere mentale di comunità”, con la quale sono stati raccolti e analizzati i dati relativi ad alcune azioni progettuali.
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