Arresti Palermo. Maxi blitz dei carabinieri questa mattina nel capoluogo siciliano. Gli arresti sono venticinque. In carcere finiscono alcuni pregiudicati compresa una donna di mafia e numerosi soggetti dediti alla riscossione del pizzo.
Tra gli arrestati spicca il nome di Maria Angela Di Trapani, moglie di Salvino Madonia, nell’omonimo clan che controlla il mandamento di Resuttana. Secondo le indagini dei carabinieri la donna stava cercando di prendere in mano le redini di Cosa nostra: dalle intercettazioni è emerso che imponeva il pizzo a commercianti, ristoratori e imprenditori. L’hanno fermata i carabinieri assieme ad altre 24 persone ritenute appartenenti al suo clan e alle famiglie mafiose di San Lorenzo, Partanna-Mondello, Tommaso Natale e Pallavicino-Zen.
Oltre duecento i carabinieri di Palermo impegnati nel blitz, con il supporto degli elicotteri del 9° Elinucleo di Boccadifalco, le unità cinofile del Nucleo di Palermo Villagrazia, dei militari del 12° Reggimento Carabinieri Sicilia e dello Squadrone Carabinieri Eliportato “Cacciatori Sicilia”.
I reati contestati sono associazione mafiosa, estorsione consumata e tentata, danneggiamento, favoreggiamento personale, ricettazione. Le indagini coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise. Azzerate le famiglie mafiose di San Lorenzo, Partanna Mondello, Tommaso Natale e Pallavicino-Zen (tutte inserite nel mandamento di San Lorenzo) e della famiglia mafiosa di Resuttana (facente invece parte dell’omonimo mandamento unitamente alle famiglie mafiose di Acquasanta e Arenella).
Maria Angela Di Trapani aveva già trascorso sette anni in carcere fino al 2015 quando è uscita per fine pena. È figlia e sorella dei boss Cicco e Nicolò Di Trapani, nonché moglie di Salvino Madonia, ergastolano per una serie di omicidi fra cui quello dell’imprenditore Libero Grassi, simbolo di una lotta al racket pagata con la vita.
Arrestato pure il settantenne Vincenzo Di Maio che gestiva l’Acquasanta. Dentro anche Giovanni Niosi, la cui scarcerazione risaliva ad anni fa, ma il suo nome è tornato di attualità con le dichiarazioni di Giovanni Vitale, uomo del racket a Resuttana. Era Niosi la longa manus del clan mafioso dentro l’ippodromo di Palermo.
Dalle indagini della procura distrettuale antimafia diretta da Francesco Lo Voi è emerso che nel centro di Palermo si continua a pagare il pizzo, nonostante le denunce e le manifestazioni degli anni scorsi. Pagano i negozianti, i titolari di noti ristoranti, pagano gli imprenditori impegnati nelle ristrutturazioni di edifici. E chi prova a ribellarsi, viene intimidito. Con l’attak nelle saracinesche o addirittura con attentati incendiari.
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