”Araba Fenice”: la Procura di Palermo chiede 27 anni per i boss mafiosi

Giovanni Bosco, Alfonso Gambino, Ignazio Mannino e Matteo Inzerillo, gli ”scappati” della guerra di mafia consumata negli anni ’80, sono tornati per riprendere le redini – secondo la Procura di Palermo -…

di redazione

Palermo, 18 Gen. – Giovanni Bosco, Alfonso Gambino, Ignazio Mannino e Matteo Inzerillo, gli ”scappati” della guerra di mafia consumata negli anni ’80, sono tornati per riprendere le redini – secondo la Procura di Palermo – della cosca di Passo di Rigano.

I quattro erano presenti al summit mafioso di Villa Pensabene del febbraio 2011, nel ristorante-maneggio dello Zen, e lì si sarebbero saldati i nuovi accordi fra vecchia e nuova mafia.

La Procura ha chiesto complessivamente 27 anni di carcere. Nove per Bosco, parente del boss Salvatore Inzerillo assassinato nell’81, il più anziano uomo d’onore alla guida di un mandamento, reinserito con il benestare di Salvatore Lo Piccolo quando dominava sulla città; 6 anni per Alfonso Gambino, inserito nella famiglia di Uditore, nonché uomo di fiducia e portavoce di Bosco nelle trattative con gli altri mandamenti, da Porta Nuova alla Noce e Tommaso Natale; 6 anni sono stati chiesti per Ignazio Mannino, uomo d’onore della famiglia di Torretta e 6 per Matteo Inzerillo, nipote del boss Michelangelo La Barbera e dipendente dell’Amat, l’azienda dei trasporti di Palermo dove ogni tanto si assentava, prendeva un’auto di servizio e correva al summit con gli altri boss.

 

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Il procedimento giudiziario si svolge con il rito abbreviato davanti al Gup Vittorio Anania, e la prossima udienza è prevista per il 28 febbraio.

Costretti all’esilio negli Stati Uniti dai corleonesi di Totò Riina, hanno provato a ricostruire la cupola di Cosa Nostra, con l’obiettivo di mettere le mani sugli appalti pubblici di Palermo e provincia, ma i piani sfumarono grazie all’operazione ”Araba Fenice” di Carabinieri, Finanza e Polizia che, con l’arresto di 36 persone della mala, fermarono le mire dei boss.

In particolare, dalle indagini dei Ros emerse il ruolo degli ”scappati”, l’operatività dei vertici del mandamento e la loro capacità di relazione con i capi delle altre cosche. A testimoniare la loro importanza la presenza dei quattro al vertice mafioso di Villa Pensabene.