Appalti truccati università Genova, 5 arresti: due sono dipendenti. La Guardia di Finanza di Genova, nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura della Repubblica, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misure cautelari personali. E’ stata emessa dal Tribunale di Genova nei confronti di cinque soggetti, tratti in arresto (presso il proprio domicilio) per reati contro la Pubblica Amministrazione e di falso in atti pubblici. Due i pubblici ufficiali coinvolti.
L’operazione denominata “Macchia Nera” è scaturita a seguito di alcune verifiche interne e denunce effettuate dalle strutture della stessa Università degli Studi Genova, relativa ad appalti di lavori di manutenzione e conservazione di immobili e di impianti di proprietà dell’ateneo.
Le accuse vanno dal reato di truffa aggravata in danno del citato Ente, alla corruzione passando per la turbata libertà degli incanti. I reati erano realizzati tramite una serie di gravi falsi individuati negli atti pubblici formati da due impiegati pubblici. Si tratta di due persone dipendenti dell’Ente con l’incarico, rispettivamente, di “capo del Settore interventi ordinari opere edili conservazione edilizia dell’Università” e impiegato presso il “Settore spese in economia dell’Area conservazione edilizia” in favore di tre imprenditori genovesi.
Nell’ambito dell’ iter procedurale per l’affidamento di lavori di competenza dell’Area Conservazione Edilizia dell’Università degli studi di Genova, uno dei due impiegati pubblici indagati ha formato, ad hoc, atti pubblici falsi.
Induceva in errore gli uffici amministrativi dell’Ente, al fine di far assegnare ad un imprenditore edile corruttore, lavori fasulli, per accadimenti (ad esempio guasti alle fognature, perdite idrauliche), in realtà mai avvenuti.
I lavori inesistenti appaltati all’imprenditore “amico” venivano poi regolarmente pagati e l’ingiusto profitto veniva spartito con l’impiegato pubblico corrotto.
L’altro impiegato pubblico agli arresti, geometra, da anni nell’Amministrazione con incarichi di responsabilità e fiducia, “turbava” il procedimento di affidamento diretto dei lavori.
Utilizzava preventivi “di comodo” che richiedeva a fornitori dell’Ente compiacenti. Ne concordava l’importo in modo da far risultare maggiormente appetibile, e quindi vincente, l’offerta formulata e pattuita con l’imprenditore “amico”.
Dopo l’assegnazione fraudolenta dell’appalto l’impiegato colluso riscuoteva, in un caso nel suo ufficio, le somme di denaro preliminarmente concordate con l’imprenditore.
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