App Immuni. Con l’avvicinarsi della tanto attesa Fase 2 dell’emergenza Coronaviurs in Italia, che dovrebbe permettere la riapertura di alcune attività commerciali e un parziale ritorno alla normalità, si sta discutendo sull’utilizzo della tecnologia per limitare il rischio della diffusione dei contagi.
Dopo alcune settimane di studio e la valutazione di oltre 300 proposte, il Governo guidato da Giuseppe Conte ha annunciato di aver scelto l’applicazione da utilizzare per il monitoraggio degli spostamenti e dei contatti tra cittadini nel nostro Paese. L’app si chiama Immuni, e aiuterà le amministrazioni a tenere sotto controllo il rischio di propagazione del virus nelle prossime settimane.
Domenico Arcuri, commissario straordinario per l’emergenza Coronavirus in Italia, ha dato disposizione di procedere alla firma del contratto per la concessione gratuita della licenza d’uso del software.
Immuni è da Bending Spoons Spa, una PMI innovativa con sede a Milano. L’azienda è stata fondata a Copenaghen 7 anni fa, per poi tornare successivamente in Italia. È al momento considerata tra i principali sviluppatori di app nel continente Europeo, con oltre 200 milioni di download per i suoi programmi.
Immuni, sviluppata in collaborazione con il Centro medico Santagostino, sarà disponibile sia per gli iPhone della Apple che per smartphone Android usciti negli ultimi anni.
Ma come funzionerà esattamente Immuni, e come può riuscire a limitare i contagi tra i cittadini italiani, permettendo la ripartenza dell’economia nel Paese senza il rischio di una nuova escalation di casi positivi?
Partiamo dal fatto che l’utilizzo di Immuni sarà assolutamente volontario. Soltanto chi vorrà utilizzare il servizio potrà scaricare l’app sul proprio smartphone. A questo proposito il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha confermato, intervenendo in Senato, che non saranno previste sanzioni per chi dovesse decidere di non scaricare l’applicazione.
L’app permetterà di tracciare in maniera anonima gli spostamenti e i contatti avvenuti tra gli utilizzatori dell’app. Ad ogni smartphone viene associato un codice che viene inviato ai dispositivi che si trovano nelle vicinanze tramite la tecnologia BLE, Bluetooth Low Energy.
Una volta che un utente dovesse ricevere una diagnosi di positività al Coronavirus, un algoritmo valuterà il rischio di contagio. Le autorità sanitarie potranno quindi avvertire le persone che hanno avuto contatti diretti con l’utente risultato positivo e indicare un preciso protocollo da rispettare.
Se si ricevere l’alert da parte delle autorità, bisognerà necessariamente restare nelle proprie abitazioni rispettando un periodo di quarantena. Chi viola l’isolamento rischia una denuncia penale.
Allo stesso tempo l’app permetterà di tenere un diario clinico. Ogni utente potrà registrare i propri sintomi, ed in particolare annotare se le proprie condizioni di salute dovessero corrispondere alla sintomatologia tipica del nuovo Coronavirus.
L’applicazione dovrebbe essere resa disponibile a partire da maggio, dopo un breve periodo di test limitato in alcune regioni. Non sono ancora state fornite informazioni più dettagliate riguardo le tempistiche del rilascio.
Dopo l’annuncio della scelta fatta dal Governo, sono state sollevate alcune preoccupazioni riguardo il rispetto della privacy degli utenti di Immuni. Il Governo ha preso in considerazione questo tema, e ha deciso come prima cosa di utilizzare esclusivamente server appartenenti a strutture pubbliche italiane per la gestione e la conservazione dei dati raccolti.
Si sta quindi procedendo alla verifica della disponibilità tecnica dei ministeri della Difesa e dell’Interno. Per il commissario Arcuri è fondamentale che l’app sia connessa al Sistema sanitario nazionale, in modo che questo possa intervenire tempestivamente ed efficacemente.
Nel frattempo la struttura originaria dell’app Immuni è stata modificata. Inizialmente infatti si era scelto un modello centralizzato, che prevedeva la generazione dei codici identificativi anonimi da parte di un unico server. Questa modalità poteva causare dei pericoli alla privacy degli utilizzatori del servizio, in quanto sia i codici che le chiavi per decifrarli sarebbero stati conservati nello stesso luogo.
Per tutelare maggiormente la privacy dei cittadini e la sicurezza dei dati raccolti, è stato scelto di passare al modello ‘decentralizzato’ proposto dai colossi tech Apple e Google. In questo modo la generazione dei codici identificativi viene realizzata direttamente all’interno degli smartphone degli utenti.
Oltre alle necessarie garanzie in tema di privacy, rimane anche il dubbio dell’effettiva efficacia dell’app. Il sistema, per essere utile nel monitoraggio dei contatti e dei possibili contagi dovrà essere installata e utilizzata in maniera massiccia dagli italiani. Si stima che sarà necessaria un’adesione di almeno il 60% dei cittadini per garantire un impatto adeguato nella lotta alla pandemia.
Il Consiglio dei Ministri sta studiando un piano per incentivare l’utilizzo dell’app tra una grande fetta della popolazione.
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