PALERMO (ITALPRESS) – Alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, l’Aula Bunker del carcere Ucciardone a Palermo è stata intitolata ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Una cerimonia in un luogo simbolo dell’antimafia, nell’ambito del trentennale delle stragi di Capaci e via d’Amelio.Un’Aula costruita ad hoc per il maxi processo a Cosa Nostra e che rappresenta la giustizia, oltre alla determinazione dei due giudici.
“Quest’aula bunker – ha affermato David Ermini, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura – è il luogo in cui per la prima volta la mafia ha subito una pesante sconfitta per mano dello Stato: il maxiprocesso ha rappresentato la vittoria del diritto sulla prepotenza mafiosa e da oggi, quando la sentiremo come aula Falcone e Borsellino, avremo un’ulteriore conferma che qui lo Stato ha vinto”.
Falcone e Borsellino “sono simbolo della magistratura più nobile, quella che risveglia le coscienze, e le loro tecniche di indagine sono patrimonio comune della magistratura: senza il loro sacrificio non avremmo avuto una così evidente rivoluzione delle coscienze – ha aggiunto Ermini -. Ciononostante, numerosi sono stati gli attacchi e le ferite nei loro confronti durante quel periodo, anche provenienti dall’interno della magistratura, che comunque ha fatto piena negli anni successivi”.
All’ingresso dell’aula una targa coi nomi dei due giudici simbolo della lotta alla criminalità. Insieme al capo dello Stato anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani, oltre al presidente dell’Ars Gaetano Galvagno e al prefetto reggente Anna Aurora Colosimo. Presenti, tra gli altri, Lucia Manfredi Borsellino, figlia del giudice ucciso in via D’Amelio, e Maria Falcone, sorella di Giovanni.
“La verità sulla morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino è tuttora incompleta: finchè non avremo piena luce, la nostra democrazia sarà dimezzata – ha sottolineato Matteo Frasca, presidente della Corte d’Appello di Palermo -. La celebrazione del maxiprocesso è stata possibile solo grazie alle intuizioni, all’abnegazione e alle innovazioni investigative di queste dei straordinarie figure. Prima l’esistenza della mafia veniva negata, prima i processi si svolgevano lontano da Palermo e con condanne poco efficaci. Oggi che quest’aula prende il nome di Falcone e Borsellino è indispensabile che la gente decida da che parte stare, non a parole ma con i fatti: Cosa Nostra non è stata sconfitta, ha solo cambiato modalità operative”.
Sulla stessa lunghezza d’onda anche il ministro della Giustizia Carlo Nordio: “Il tributo che dedichiamo oggi non è solo un ossequio a due eroi ma il riconoscimento per tutti i servitori dello Stato che cadono per l’adempimento del loro dovere. Loro seppero dare fede e speranza. Se oggi siamo qui a riaffermare la presenza dello Stato nella lotta al crimine lo dobbiamo anche a loro. Fecero un lavoro monumentale, con loro cosa nostra è stata decapitata con la forza della giustizia. Questo successo fu seguito da polemiche corrosive, erano due magistrati spinti solo dalla legge. Saranno ricordati per sempre per aver servito paese con tenacia. Dovremo sempre essere illuminati dal coraggio di questi due magistrati”.
“Abbiamo fortemente voluto questa intitolazione, che abbiamo ritenuto meritasse una celebrazione dedicata a tutte le vittime di mafia – ha detto Lia Sava, procuratore generale di Palermo -. Serve uno scatto che ci conduca in una sfera etica più elevata. Solo questo slancio può garantire che la violenza non si perpetui. Vogliamo che si affermi in modo continuo un dialogo tra arte e giustizia”. “Guardiamo alle nuove generazioni, sperando di suscitare nei ragazzi una reazione, un sentimento che è ancora attuale – ha aggiunto Clelia Maltese, presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati di Palermo -. Giustizia è memoria, ma anche azione sociale. Un qualcosa che bisogna sempre mantenere vivo, suscitando una reazione dei giovani, che non vanno solo informati con la storia, ma occorre utilizzare linguaggi nuovi, non tradizionali”.
– foto ufficio stampa Quirinale –
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