Le città invisibili di Fabio Mattaliano, acquerelli e tempere di sorprendente profondità narrativa di luoghi e spazi dove la presenza dell’uomo non è centrale, saranno in mostra da Artètika – Spazio espositivo per l’anima, di via Giorgio Castriota, 15 a Palermo con “antiCorpi”, che sarà inaugurata giovedì 20 giugno alle ore 19.00 e resterà visitabile fino al 4 luglio. Dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 19.30 e sabato dalle 10 alle 13. La mostra, voluta dalle galleriste Gigliola Beniamino ed Esmeralda Magistrelli, è curata da Renato Pantaleo, musicoterapeuta e fotografo, esperto di linguaggi non convenzionali. Ingresso libero.
Fabio Mattaliano, nato in Sicilia nel 1963, laureato in architettura, è un artista, creativo e web designer. È permeato dal luogo in cui lavora, Palazzo Abatellis e dal suo percorso di studi. Crea omaggi alla città di Palermo reinterpretata attraverso i colori accesi, con una leggerezza visiva quasi evanescente, come se fossero “antiCorpi”, con costruzioni rare ed oniriche. Saranno 16 le opere esposte, tra acquerelli di città invisibili, urbe rare, di 65×50 cm e degli acrilici su tela e tavola, monumenti reinterpretati, dalle misure molto grandi, 125×95 e 140×90. Infine, due acquerelli, che rappresentano delle “torri di case” in verticale 40×100 cm. Raccontano la sua visione di un mondo delicato e melanconico, ma pieno di bellezza e speranza.
www.fabiomattaliano
IG #studiomatty
“L’Arte esprime i pensieri nell’unico modo consentito agli artisti – commenta Renato Pantaleo curatore della mostra antiCorpi -. Fabio Mattaliano narra una visione sovente metafisica, con una riflessione costante sulla relazione spazio temporale: Tà Metà Ta physikà, le cose che stanno al di là del mondo fisico e naturale. Si configura nella sovrapposizione degli elementi, che crea una compressione a volte asfittica delle strutture; le ombre intervengono negli spazi, nelle piazze, nelle vie, nelle scale, in attesa dell’essere umano. Già: l’umano. Secondario rispetto ai suoi costrutti, labile e temporaneo. Il centro è la pietra, che crea un archetipo inamovibile. Lo spazio accoglie la luce, e l’ombra ne è testimone. Una sorta di Babele perenne e inevitabile, diffusa e plurima, che sopravvive all’umano, testimoniando la sua capacità ma evocando la sua piccolezza carnale. Una narrazione raffinata, che rinnova l’enigma dell’interpersonale in rapporto agli spazi in cui si sviluppa.
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