Nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, Palermo si è svegliata con alcuni striscioni apparsi in diversi punti della città e recanti le scritte ‘Il diritto prima del mercato’, o ‘Tuteliamo diritti, non vendiamo servizI’. L’iniziativa è stata messa in piedi per protestare contro il decreto del governo Monti sulla liberalizzazione delle professioni, ed è stata promossa da alcuni avvocati del foro palermitano. Analoghe iniziative sono state organizzate in altre città italiane. Alzando cartelli con le scritte ‘La professione prima del mercato’, gli avvocati palermitani hanno abbandonato l’aula magna della Corte d’appello di Palermo. Una mobilitazione “responsabile e unitaria”, dicono, per segnalare “i pericoli di una liberalizzazione che smantella i principi fondamentali della professione di avvocato e mette a rischio la difesa dei diritti dei cittadini”. Il Consiglio dell’ordine ha infatti aderito alla linea adottata a livello nazionale. “Un gesto simbolico per dare un segnale civile – proseguono – composto, ma non fraintendibile, di allarme per richiamare l’attenzione sul disagio provocato dai provvedimenti relativi alla liberalizzazione della professione forense, varati dai governi che si sono succeduti in modo opaco, autoritario e senza cercare il confronto con l’avvocatura”. Il Presidente della corte d’appello di Palermo, Vincenzo Oliveri, definisce quello trascorso “un anno da dimenticare” durante il quale “tra manovre e manovrine per uscire dalla crisi economica il settore giustizia è stato in prima linea con misure penalizzanti per gli utenti e per i magistrati, categoria professionale alla quale più che a ogni altra sono stati imposti sacrifici economici di rilevante spessore che hanno indotto i più anziani ad affrettare il loro collocamento in pensione”. La mafia è sempre forte e radicata nel territorio e continua “a detenere il monopolio delle attività criminali, in particolare del racket delle estorsioni e della gestione illecita degli appalti sistemi più diretti e remunerativi per le cosche. Oliveri ha descritto una Cosa nostra, colpita ma non vinta. Nonostante i successi ottenuti da magistratura e forze di polizia “la presenza dei clan nel territorio – spiega i Presidente – è sempre invasiva e massiccia”. Una circostanza testimoniata anche dal fenomeno delle estorsioni, in netta crescita. A fronte della pressione del racket non si registra, invece, un incremento delle denunce delle vittime del pizzo, mentre diventa più incisiva l’azione della società civile e delle associazioni di categoria che sempre più spesso assumono posizioni nette giudicando incompatibile
(Teleoccidente)
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