“La ripresa economica è in via di rafforzamento ma debole nel confronto internazionale. L’impulso a fidarsi poco dei risultati congiunturali nasce dalla scarsa intensità dell’attuale ripresa”. Questa la dichiarazione di Mariano Bella, direttore dell’Ufficio Studi Confcommercio, ad apertura della Presentazione dell’analisi condotta sulle economie territoriali.
Vediamo innanzitutto una variazione del Pil reale di + 0,8% rispetto al trimestre precedente ma la posizione dell’Italia rispetto ai Paesi UE è davvero bassa, c’è solo la Grecia a stare peggio di noi. In vetta troviamo invece l’Irlanda e Malta.
“E’ tornata la crescita ma quasi ovunque restano lontani i livelli pre-crisi” aggiunge.
Dalle tabelle si legge infatti che se oggi in Italia il Pil pro capite è di 28.000 euro annui, al netto della variazione dei prezzi, nel 2007 era di 31.000 euro.
Anche dal lato dei consumi il recupero sul portafoglio del singolo cittadino (+ 0,5% ) comunque ancora non copre la perdita precedente (-2,0% ).
“La crisi ha portato a un aumento dei divari territoriali che la ripresa non riduce avendo colpito maggiormente le regioni del Mezzogiorno nelle quali la riduzione della spesa in consumi è stata del 2,4%, e dunque peggiore di circa un punto all’anno rispetto a quella delle regioni settentrionali.”
Gli indici reali, in percentuale su ripartizioni geografiche, indicano che nel Sud il Pil pro capite è di 20.000 euro annui, rispetto ai 35.000 del Centro e i 40.000 del Trentino. Il contributo che ha dato il Mezzogiorno è del 22,6% rispetto al totale italiano ed è pertanto sceso di otto decimi di punto negli anni della crisi.
Si evidenzia poi un problema demografico: il Sud non attira immigrazione e la popolazione non aumenta. Anzi le stime prevedono che nel 2019 addirittura diminuisca.
La tendenza al miglioramento del mercato del lavoro, abbastanza diffusa tra le regioni, non è sufficiente a fare recuperare i livelli occupazionali raggiunti prima del 2008.
Tra il 2009 e giugno 2017 tutte le ripartizioni geografiche hanno subito un ridimensionamento dello stock complessivo delle imprese attive (-132.970 unità), ma gli effetti negativi questa volta sono stati più pesanti nel Nord-ovest dove lo stock si è ridotto di oltre 79mila unità, circa il 60% delle imprese perse nel periodo in Italia.
Sintomatico infine il dato sulla povertà assoluta: 4741 persone oggi non in grado di poter acquistare i beni per la sussistenza. Per fare un confronto: più del doppio rispetto alle 1660 persone assolutamente povere che si registravano nel 2006.
“A noi serve una crescita del 2% per raggiungere due obbiettivi: la riduzione della disoccupazione giovanile e quella della povertà assoluta, e per farlo abbiamo bisogno del Mezzogiorno.”
Così il Presidente del Centro Studi Confcommercio Sangalli conclude il suo intervento.
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