Al Teatro Biondo “Fratelli” il romanzo di Carmelo Samonà

Sergio Basile e Nicolas Zappa sono i protagonisti, a Palermo, al Teatro Biondo di “Fratelli”, il nuovo spettacolo di Claudio Collovà, ispirato all’omonimo romanzo di Carmelo Samonà, che debutta in prima nazionale nella Sala Strehler il 14 febbraio alle ore 21.00. Le scene e i costumi sono di Enzo Venezia, le musiche di Giuseppe Rizzo. Repliche fino al 25 febbraio.

Al Teatro Biondo “Fratelli”: Non sarà una semplice “ripresa”

Ispirato al romanzo omonimo di Carmelo Samonà, pubblicato nel 1978 da Einaudi e oggi da Sellerio, lo spettacolo affronta il tema della malattia attraverso un congegno narrativo di grande impatto. Claudio Collovà ripropone Fratelli, che aveva messo in scena diversi anni fa per il Festival di Palermo sul Novecento, in una nuova edizione che non definisce una ripresa: «Sarà una nuova regia – afferma il regista – con molta più esperienza da parte mia e molti attraversamenti. L’immaginario resterà lo stesso, ispirato alla pittura di Francis Bacon. Fratelli è un romanzo scarno di parole, ricchissimo di silenzi, ma anche di azioni che rendono possibile un percorso di drammaturgia teatrale».

Fratelli Teatro Biondo
Fratelli Teatro Biondo

Samonà è stato un intellettuale di grande levatura e i suoi romanzi vennero accolti con «vasto e unanime riconoscimento». Fratelli costituì un caso editoriale per diversi motivi: malgrado la “difficoltà” dell’argomento e della scrittura, esaurì nel giro di sei mesi le trentamila copie previste per il lancio e, arrivato in cinquina, insidiò la vittoria di Ferdinando Camon al premio Strega. Recensori eccellenti, da Giorgio Manganelli a Natalia Ginzburg, da Walter Pedullà ad Alfredo Giuliani (che lo definì «un libro di conoscenza e di rara eleganza intellettuale»), fecero accostamenti lusinghieri, da Kafka a Conrad a Canetti, soffermandosi in particolar modo su due temi principali della scrittura di Samonà: quello della malattia mentale e quello del linguaggio.

Fratelli nasce dal silenzio, dal vuoto dell’uomo, la sua malattia congenita è la solitudine. I due fratelli del racconto vivono isolati in un vecchio appartamento, dove soltanto a sprazzi arriva il flebile impasto sonoro della città. Non esiste nulla di stabile, di preciso, di definito: sembrerebbe un aleggiare di corpi e voci che si battono contro ostacoli invisibili. La regia spezza l’io narrante per farlo convivere tra i due personaggi, in un rimbalzo di emozioni che segue l’andamento tortuoso del testo.