Taormina – Lo storico ristorante Al Duomo di Taormina, fondato da Enrico Briguglio, ispiratore e presidente delle Soste di Ulisse, riparte dalla tenace sfida di una imprenditrice della città.
Vanessa Cannizzaro, figlia dello storico chef de La Giara di Taormina, prende in consegna la storica trattoria tipica Al Duomo e ne rilancia il percorso, grazie ad una interessante sperimentazione sull’identità enogastronomica dell’isola alla luce di un respiro internazionale.
“Dal terrazzino che si affaccia sul Duomo di Taormina- racconta Vanessa- sono passati i grandi protagonisti dell’enogastronomia internazionale, ospiti di Enrico Briguglio. È stato uno dei migliori ambasciatori che la ristorazione
Da questa forte carica suggestiva Vanessa ha deciso di ripartire, dotando il ristorante di un’inedita combinazione di energie: al fianco del giovane chef Gianluca Lizzio, uno degli esponenti della nouvelle vague siciliana, c’è proprio l’esperienza del padre Giuseppe Cannizzaro, che dalla fin degli anni Ottanta portò in città una visione internazionale sulla scia dei grandi maestri della cucina classica.
Dall’intreccio tra un passato visionario e un presente che sa guardare alla storia da cui proviene, nasce la nuova proposta del ristorante Al Duomo: la cucina come laboratorio di sperimentazione narrativa fuori dagli stereotipi, ma aderente alla storia e alla tradizione. La frizzante creatività del giovane chef si affianca alla grande esperienza di Giuseppe Cannizzaro, che dell’avanguardia fece storia già negli anni ’80, introducendo a Taormina le preparazioni della cucina francese e riconducendola a un’identità Mediterranea magmatica. Un incontro non scontato tra il vecchio e il nuovo, ma soprattutto tra due modi di guardare all’identità isolana che si sono incrociati, seppure in tempi diversi.
Giuseppe Cannizzaro negli anni ’80 ha tratto lezione dalla cucina internazionale in Francia e in Inghilterra, per portarne il respiro nei piatti de La Giara; Gianluca ha fatto il percorso inverso un ventennio dopo, restituendo alle cucine francesi e inglesi un’identità di Sicilia che nel frattempo si era consolidata, fino ad essere riconosciuto anche in ambito internazionale.
Punto di partenza comune è l’attenzione e la conoscenza delle materie prime, selezionate grazie a un percorso di ricerca lunga e appassionata: il gioco degli impasti rende onore alla sfilata dei grani antichi di Timilia, Perciasacchi, Russello e Maiorca; il macco di fave ritrova nella fava di Leonforte il sapore dolce ed erbaceo della tradizione. L’agnello da latte dei Nebrodi e il gambero rosso di Mazzara accompagnano la lista dei presidi Slow Food più celebri: il pistacchio di Bronte, il cappero di Salina, il piacentino ennese e la cipolla di Gerratana trovano sfumature e interpretazioni in un gioco di incastri.
La freschezza di Gianluca aggiunge ai piatti il gioco alla sperimentazione: la storia di ogni pietanza è l’avvio di un ripensamento della forma; l’ospite stesso è chiamato a partecipare alla fase creativa ricomponendo nel piatto il percorso sensoriale, secondo la propria sensibilità.
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