Un uomo risponde del reato di cui all’art. 609 undecies c.p., perché mediante l’utilizzo di chat telefonica adescava una minore di anni 10 attraverso atti consistenti in messaggi, foto e video a sfondo sessuale, inviando alla stessa un’immagine ritraente il suo organo genitale, proferendo espressioni del tipo “Di me ti puoi fidare, ti farò divertire, ti piace il mio c xxx o”.

Come si legge dal provvedimento, “l’imputato, nel corso delle spontanee dichiarazioni rese nel giudizio abbreviato, ha ammesso di aver inviato i messaggi; tuttavia ha precisato che non aveva creduto al fatto che il suo interlocutore fosse una minorenne e che comunque aveva smesso di inviare messaggi quando quest’ultimo non aveva più risposto, senza ulteriori insistenze. La difesa ha rilevato nel corso della discussione che il reato non sarebbe consumato, in quanto i messaggi non erano intercorsi con la minore bensì con un adulto e in ogni caso il numero telefonico non era intestato alla bambina bensì alla madre di quest’ultima”.

Secondo i Giudici, il reato in questione è un reato di pericolo concreto, il quale, dunque, “non richiede il nocumento effettivo del bene giuridico tutelato, ma è volto a neutralizzare il rischio di commissione di più gravi reati a sfondo sessuale”. Inoltre, “la dinamica della vicenda, tipica delle vicende di adescamento on line, esclude l’ignoranza incolpevole dell’imputato. A tal fine è irrilevante l’intestazione del telefono alla madre, posto che il numero dei soggetti minorenni non può mai essere intestato loro” (Tribunale di Salerno, Sentenza n. 3503 del 18 novembre 2021).