Accesso negato al cara di Mineo: la denuncia arriva da Medu (Medici per i diritti umani). Ieri mattina al team medico-psicologico di Medu è stato negato l’accesso presso il CARA di Mineo, dove si reca un giorno a settimana da quattro anni, per portare assistenza medico-psicologica alle persone sopravvissute a tortura e trattamenti inumani e degradanti nei paesi di origine e lungo le rotte migratorie, nel difficile tentativo di garantire cure adeguate alle persone più vulnerabili, in assenza di servizi specifici dedicati.
Il diniego è stato preceduto nella giornata di ieri da una telefonata da parte del Direttore del CARA il quale, facendosi portavoce della Prefettura di Catania, comunicava che a partire da oggi, 27 marzo, il Team MEDU non avrebbe più avuto il permesso di accedere all’interno del CARA.
La decisione appare particolarmente inaccettabile dal momento che Medu ha inviato a Ottobre 2018 richiesta formale alla Prefettura di Catania per il rinnovo del Protocollo di Intesa, senza mai ricevere risposta.
Nel corso dei 4 anni di progetto, Medu ha assistito circa 450 persone altamente vulnerabili, grazie al finanziamento, tra gli altri del Fondo Volontario delle Nazioni Unite per le Vittime di Tortura e ad oggi circa 40 pazienti sono assistiti dal team, tra i quali si contano sopravvissuti a tortura e naufragio, incluso un minore. Molti di loro, oltre a tenere regolari sedute di psicoterapia, assumono una farmacoterapia prescritta dallo psichiatra del team. Interrompere il percorso di cura di queste persone è un atto gravissimo e irresponsabile, che viola il diritto alla salute garantito dalla nostra Costituzione ad ogni individuo. Ed è per questo che il team Medu ha comunque incontrato i pazienti sulla strada che costeggia CARA, in un luogo assolutamente non adeguato, nel tentativo di non interrompere bruscamente la relazione e l’indispensabile continuità terapeutica.
Medu chiede il team di medici, psicologi e mediatori venga da subito autorizzato ad accedere al CARA, perché possa tornare ad assistere i suoi pazienti in un luogo consono, a tutela della salute di persone estremamente vulnerabili e dei loro diritti fondamentali e nel rispetto del lavoro di cura svolto per anni dai professionisti del team.
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