A Mariupol resa dei conti, ultimatum di Mosca che chiede agli ucraini di ritirarsi

L’attenzione di tutto il mondo è concentrata sulla mastodontica acciaieria di Mariupol.
E’ qui, in queste ore, che si gioca la partita più importante dall’inizio della guerra in Ucraina ed è dal destino dello stabilimento Azovstal e di conseguenza della città portuale che potrebbe dipendere il futuro del conflitto. I prossimi avvenimenti saranno correlati a quanto succederà nella località costiera, dove buona parte del territorio è controllato dalle forze russe, che però non riescono a conquistare il mega-impianto in cui si sta difendendo il battaglione d’Azov e dove si nasconde anche un numero imprecisato di civili.

Dall’acciaieria Azovstal di Mariupol arriva il disperato appello degli ultimi difensori della città ucraina assediata dalle forze russe. “Il nemico è dieci volte più numeroso di noi, queste potrebbero essere le nostre ultime ore di vita”, dice un ufficiale dei militari di Kiev chiedendo alla comunità internazionale di «estrarli» da lì.

Agli ultimi difensori della città portuale del sud dell’Ucraina la Russia ha dato un altro ultimatum, in scadenza oggi alle 13 ora italiana. Se le truppe ucraine smetteranno di combattere alle 14 di oggi (le 13 in Italia) saranno «garantite la vita, la sicurezza e le cure mediche», ha detto il colonnello generale Mikhail Mizintsev, capo del Centro di controllo della difesa nazionale russo, secondo quanto riferisce il Washington Post citando media russi. 

Mosca, ha lanciato l’ennesimo appello ai militari di Kiev: “Arrendetevi, e avrete salva la vita”. E’ stato chiesto ai superstiti del reggimento di uscire dall’acciaieria, ma “l’invito” – ancora una volta – è stato rispedito al mittente. Che cosa succederà nelle prossime ore è impossibile da prevedere ma il servizio di sicurezza ucraino ha intercettato una telefonata in cui un militare russo avrebbe parlato di un ordine dall’alto piuttosto esplicito: radere al suolo l’intero impianto se il battaglione non dovesse arrendersi volontariamente. Per farlo, potrebbero avvalersi di armamenti speciali, pesanti diverse tonnellate, che distruggerebbero qualsiasi cosa non solo dentro l’azienda ma nel raggio di centinaia di metri. Lo stesso comandante del gruppo nazionalista ucraino, rifugiatosi all’interno dello stabilimento, avrebbe parlato di bombe anti bunker già sganciate dall’esercito del Cremlino, “pur sapendo – ha ammonito Denys Prokopenko – che qui dentro ci sono donne e bambini” fuggiti alla furia dei russi. La situazione è in divenire ma potrebbe precipitare a momenti e come ha sottolineato più volte in questi giorni lo stesso presidente Zelensky, la caduta di Mariupol metterebbe fine immediatamente a qualsiasi negoziato fra le parti.

Una prospettiva che rende ancora più cupa la situazione in Ucraina, dopo i missili di ieri su Leopoli, i bombardamenti nei dintorni della Capitale e la massiccia offensiva in tutto l’est che si è intensificata in queste ore. A Kharkiv si contano morti ogni giorno ma è tutta l’area orientale, per un perimetro di quasi 500 chilometri, ad essere interessata da un attacco concentrico da parte di Mosca, che punta a conquistare l’intero Donbass e successivamente a sedersi al tavolo delle trattative. Ma anche Kiev sta ammassando soldati nella regione ed il rischio è che si arrivi a una battaglia finale corpo a corpo, casa per casa, con ancora più vittime e distruzioni di quante se ne siano contate finora.

Nel frattempo, a conferma del deterioramento ulteriore dei rapporti fra il Cremlino e i paesi occidentali, nelle ultime ventiquattr’ore sono riprese le espulsioni reciproche di diplomatici: a fare la voce grossa, stavolta, è stata la Russia, che ha cacciato 37 funzionari di ambasciate e consolati europei, fra i quali una quindicina di olandesi, diversi belgi e parecchi austriaci. L’ennesima ritorsione verso quello che, secondo i russi, è un attacco dell’Occidente contro Mosca. Che però dimentica di avere invaso l’Ucraina per prima.