202 anni Polizia Penitenziaria. Oggi martedì 10 settembre ha avuto luogo presso l’istituto penale per minorenni di via Malaspina la cerimonia celebrativa regionale del 202º anniversario della fondazione del Corpo di Polizia Penitenziaria.
Alla manifestazione hanno preso parte autorità religiose, militari e civili siciliane, nonché i rappresentanti del Contingente in servizio presso i 4 istituti penali per minorenni dell’isola. Presente l’assessore Toto Cordaro, che ha porto ai presenti il saluto del Presidente della Regione Musumeci.
A prendere la parola per prima è stata Rosanna Gallo, direttrice del Centro Giustizia minorile per la Sicilia, che ha esordito ricordando che la Sicilia conta con il maggior numero di centri di detenzione per minori. “Si sa molto poco del lavoro della polizia penitenziaria, e non si parla quasi mai dell’importante ruolo che svolge in particolare negli istituti dedicati ai minorenni. La polizia penitenziaria si trova ad affiancare e supportare gli operatori nello svolgimento delle funzioni educative trattamentali, interessandosi alle storie di ciascun ragazzo e sviluppando con loro un rapporto stretto.
Sono molte le iniziative che verranno realizzate nel prossimo futuro grazie al coinvolgimento da vicino degli agenti della polizia penitenziaria, con programmi dedicati alla prevenzione e al supporto dei ragazzi anche successivamente alla loro uscita dai centri detentivi.”
Clara Pangaro, direttrice dell’Istituto Penale per minorenni Malaspina: “Danilo Dolci diceva: – Le parole non muovono le montagne. Il lavoro, l’impegnativo lavoro muove le montagne. – Oggi siamo qui riuniti proprio per celebrare l’impegnativo lavoro di tutti coloro che operano all’interno degli istituti penali. Non è superfluo ricordare che agli uomini e alle donne della polizia penitenziaria è assegnato il compito importantissimo di garantire la sicurezza, l’ordine e la disciplina all’interno degli istituti.”
Infine è intervenuto Francesco Cerami, comandante di reparto della polizia penitenziaria all’IPM: “Oggi è una giornata di festa, ma non possiamo dimenticare le difficoltà che quotidianamente vengono affrontate dal personale operativo delle carceri presenti nel territorio siciliano. Organici insufficienti, strumenti giuridici spesso non adeguati alle reali esigenze, e strumenti operativi superati rendono complicato il lavoro degli agenti.”
Che le condizioni delle carceri italiane siano tra le peggiori in Europa non è un mistero. Secondo l’ultimo rapporto dell’associazione Antigone “per i diritti e le garanzie nel sistema penale”, i carcerati italiani al 30 giugno 2019 erano 60.522 (a fronte di una capacità di 50.496 posti), con un incremento 1.723 rispetto all’anno precedente. Questo comporta un tasso di sovraffollamento del 119,8%, il più alto tra i paesi membri dell’Unione Europea. In alcune realtà la situazione è particolarmente estrema: nei centri penitenziari di città come Brescia, Larino e Taranto il tasso di affollamento raggiunge il 200%, il che significa che vivono due detenuti in uno spazio adatto ad una persona. A dimostrazione delle difficili condizioni di vita nelle carceri italiane, il numero di suicidi da parte di detenuti da inizio anno è di oltre 30 persone.
Negli ultimi mesi sono state numerose le manifestazioni di sfogo e protesta da parte del corpo penitenziario. I rappresentanti denunciano la mancanza di un numero di agenti sufficiente per soddisfare le necessità di lavoro richieste. Gli operatori sono stremati, in quanto costretti a turni e carichi di lavoro difficili da gestire. In particolare in Sicilia, gli appelli alle autorità si sono susseguiti nel corso del tempo, senza ricevere risposte esaustive.
Nel mese di luglio scorso Sappe, Osapp, Uilpa Pp, Fns Cisl, Uspp e Cgil Fp hanno lanciato l’allarme: “In Sicilia mancano all’appello 800 unità, e a pagarne le spese sono ancora una volta gli agenti. In un contesto ricco di doveri si assottigliano sempre di più i diritti come quello alla sicurezza nei posti di lavoro, al recupero psicofisico e all’esonero del turno notturno (il personale ultracinquantenne e/o con 30 anni di servizio è costretto ad espletare anche 6 turni notturni).”
Il personale in servizio in Sicilia si sente abbandonato al proprio destino, con i poliziotti penitenziari costretti a turni di servizio addirittura oltre le 8 ore. Anche le statistiche sugli infortuni sul lavoro sono sempre più negative, una conseguenza delle difficili condizioni che gli agenti si trovano ad affrontare quotidianamente. In Sicilia la carenza organica nel settore si assesta al 20%, mentre in altre realtà presenti sul territorio italiano non supera il 10%.
I livelli di sicurezza durante il giorno sono minimi, e la situazione peggiora esponenzialmente nel caso dei turni pomeridiani e soprattutto notturni. Le cronache raccontano di un aumentare nella frequenza dei casi di aggressioni, rivolte e tentativi di evasioni. E l’introduzione del regime detentivo aperto definito “sorveglianza dinamica” non è stato accompagnato da un programma di ammodernamento del sistema penitenziario a livello tecnologico e strutturale.
E ai problemi esistenti nelle carceri si è aggiunto anche il diffondersi dell’influenza delle cosche mafiose nigeriane. Secondo il Sindacato Polizia Penitenziaria S.PP. queste organizzazioni criminali, caratterizzate da un’importante capacità intimidatoria, stanno lottando per la supremazia sui traffici di esseri umani, prostituzione e droga. E proprio nelle celle delle carceri i mafiosi nigeriani avrebbero imparato a muoversi strategicamente e ad imporsi.
Sempre secondo il segretario generale del S.PP. Aldo Di Giacomo le difficili condizioni di lavoro degli agenti e la mancanza di meccanismi di prevenzione adeguati fanno aumentare il rischio di affiliazione di giovani carcerati alle cosche. La richiesta è quindi quella di istituire nelle carceri sezioni specifiche per i mafiosi nigeriani preparando il personale penitenziario ad una sorveglianza adeguata.
I sindacati del settore tendono ad evidenziare anche il crescente aumento di detenuti con problematiche psichiatriche rilevanti, causato dalla decisione di chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari senza allo stesso tempo considerare l’effettiva capacità di posti letto nelle R.E.M.S. (Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza). La conseguenza è che migliaia di soggetti psichiatrici vengono reclusi in istituti penitenziari dove non possono ricevere assistenza adeguata, con un grave pregiudizio agli standard di sicurezza.
L’istituto carcerario di Barcellona Pozzo di Gotto è tra i più colpiti dall’emergenza. Oltre a soffrire di un grosso problema di sovraffollamento, lo scorso anno è stato trasformato da Opg a carcere multifunzionale senza però risolvere le numerose criticità preesistenti. Il paradosso è che in alcune carceri dell’Isola, come ad esempio gli istituti del territorio di Catania, ospitano meno carcerati rispetto all’effettiva capacità. Con una redistribuzione oculata dei reclusi nei diversi centri di detenzione si potrebbero migliorare, seppur non risolvere del tutto, le difficoltà vissute da carcerati e agenti di polizia penitenziaria.
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