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Annullato il Motor Show di Bologna

Sul Motor-Show del 2013 di Bologna, a causa della crisi che dal 2007 al 2013 ha tagliato del 45% il mercato dell’automobile, si sono spente le luci. La mancata partecipazione delle case automobilistiche, tutte,ha indotto gli organizzatori a dichiarare “forfait”. C’e’un antico detto che, di fronte alle intemperie così recita ”calati ponte che passa la china”.Prendendolo come metafora si può dire che la “china”, che ha fatto calare il “ponte” della produzione del 50%, ha indotto le case automobilistiche a disertare lo show felsineo.

Le regole del mercato sono basate non sul “vago”, ma su certezze che rispettano un buon equilibrio fra domanda e offerta. Rottosi questo equilibrio per mancanza di domanda, si e’ ridimensionata del 50% l’offerta. Le regole non fanno affidamento su ipotesi incerte, ma su statistiche e previsioni che riflettono lo stato di salute del mercato stesso e le sue potenzialità presenti e future. Le crisi non congiunturali, ma strutturali, come quella in atto, se si prolungano nel tempo, sprigionano energie distruttive che non risparmiano nessun settore perché questa e’ la loro caratteristica.

Ma c’è anche un altro aspetto peculiare nella crisi; e’ il modo in cui gli effetti della crisi stessa impattano sui vari comparti produttivi, e ciò non per pregiudizievole preferenza di un comparto e l’altro, ma per la loro tipologia che li rende più o meno vulnerabili e reattivi alla caduta della domanda. In regime di crisi i settori che subiscono, con immediatezza,una brusca frenata sono: l’edilizia, il mercato dell’auto, quello dell’abbigliamento,e quanto e’ inquadrabile nel contesto dei consumi voluttuari come gioielli, viaggi e divertimenti.

Detto questo, gli interventi prioritari, da parte del Governo, dovrebbero essere mirati, prudenzialmente, verso quei settori trainanti per l’economia e che assicurano la massima occupazione di forze lavorative e l’apporto più sostanzioso per la formazione del PIL. Non si vuole penalizzare nessuno, ne’ invocare strategie discriminanti e odiose; ma il Governo,anche se “obtorto collo” dovrebbe procedere in questa direzione per sostenere l’apparato produttivo più corposo per cercare di agganciare, al più presto possibile, la ripresa e lo sviluppo.

Gli interventi tampone, come le cure palliative, oltre a non essere determinanti e risolutivi ai fini della ripresa (ma lo sono per mera demagogia mirata alla tutela dei consensi), si configurano come spreco delle risorse disponibili. Le crisi, nel mondo globalizzato, sono ormai ricorrenti, impietose e più travolgenti a causa della competitività dei Paesi emergenti come Cina, India e Brasile. Anche i paesi del G8, che sono i più industrializzati, a causa dell’alto costo del lavoro, non sono in grado di competere con i paesi emergenti.

Dopo quanto detto, che appena sfiora la complessità delle problematiche, oltre a non essere esaustivo, si torna alle vicende domestiche e ci si chiede: e’, oppure no , fuori da ogni ragionevole dubbio che il settore dell’auto, come quello dell’edilizia – attorno ai quali, con l’indotto, gravitano milioni di persone e che contribuiscono in modo determinante al gettito delle imposte, in particolare dell’IVA – non sono stati oggetto di attenzione dalle strategie governative?

Nel settore dell’auto, in particolare, con milioni di macchine “vetuste” che circolano e che, oltre a contribuire al tasso di inquinamento, hanno altissimi consumi di carburante, perché non si e’ fatto ricorso,come in passato, a una campagna di rottamazione?

La ripresa di una operazione del genere, già positivamente sperimentata avrebbe agevolato la produzione delle fabbriche; il mantenimento dell’occupazione; un non indifferente gettito IVA e l’agevolazione all’acquisto di un bene non voluttuario, ma durevole. Su questo e altri settori,dove e’ palese la “latitanza” dello Stato, non il caso di indugiare oltre per evitare di essere tacciati di strumentalizzazione di basso profilo e di faziosità per difendere il settore dell’auto.

Due governi: quello di Monti prima, e di Letta dopo, ben poco hanno fatto per l’edilizia e nulla, proprio nulla, per il mercato automobilistico. Per questi e altri settori, particolarmente sensibili,si aspettano, forse, soluzioni spontanee che, se mai verranno, probabilmente arriveranno troppo tardi.

Ettore Vinciguerra

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